ARRIVA BUFFALO BILL !

 

di Emilio SALGARI

 

( da “Arriva Buffalo Bill!” – PIERLUIGI PEROSINI EDITORE )

 

 

 

 

                                       

 

 

Quest'oggi, alle tre precise, nel nostro anfiteatro avremo adunque il Wild West (Selvaggio Ovest), tutta la vita autentica della frontiera americana rappresentata in azione mercé una serie di quadri meravigliosi, ignoti a noi, popolati di "riflemen" (tiratori di carabina) di cow-boys, di vaqueros messicani, di donne della frontiera e di pellirosse. Avremo insomma tutto un pezzo dell'America ancora selvaggia come caduta dal cielo nel nostro anfiteatro e lo spettacolo strano, veramente nuovo ci è annunciato con un programma attraentissimo.

 

 

         

 

 

Conduttore della compagnia è il colonnello William Cody, che servì come capo degli esploratori nelle guerre di frontiera contro le pelli-rosse, grande cacciatore di bufali, intrepido cavalcatore di cavalli indomiti, formidabile tiratore di carabina e che dallo sterminato numero di bisonti uccisi venne soprannominato dall'ammirazione popolare col nomignolo di Buffalo Bill (Guglielmo il bufalo).

Ciò che si narra così dai giornali come dai romanzi americani delle imprese compiute dal colonnello Cody, che è anche generale brigadiere della Volunteer Army, dei pericoli corsi e delle avventure di cui fu l'eroe supera quanto di più inverosimile si può immaginare.

 

 

 

 

 

Fu vaccaro, conduttore di diligenza, "portatore di dispacci" (pony express) quando non vi erano nel Grande Ovest le ferrovie. Andava da Smotte Rosse a Trecky, una distanza di 122 chilometri per una strada lunga, pericolosa, spesso battuta dalle pelli-rosse.

Fu in seguito conduttore degli emigrati, guida del generale Alberto Sidney nella spedizione di Utah, capo di esploratori incaricati di proteggere le costruzioni ferroviarie e fornitore di carni degli operai occupati nella costruzione della ferrovia Kansas-Pacifico. Fu in quel tempo che in una sola stagione uccise 4862 bufali!

 

Combatté moltissime volte contro le pelli-rosse e fu in uno di quei combattimenti, durante la guerra del 1876, che uccise il capo Mano-Gialla con un colpo di fucile in pieno petto e che poi... scotennò, ossia gli levò la capigliatura con un colpo di coltello. Abbiamo detto che il nipote di Mano-Gialla si trova con Buffalo Bill.

Cody è stato anche deputato nella legislatura di Nebraska e, cosa davvero strana, anche artista drammatico!

 

Buffalo Bill, che si era recato a Venezia, è arrivato oggi col treno delle 12.

Direttore dello spettacolo è Nate Salsbury il quale combattè pure contro gli indiani rimanendo ferito tre volte.

Nel 1868 si fece artista drammatico recitando in America, in Inghilterra e in Australia. Fu lui che condensò in altrettanti quadri viventi la vita, i costumi, gli exploit, le cacce e le battaglie delle sconfinate praterie del Wild West popolate di mandrie di bisonti, di cow-boys, di banditi della frontiera e di pelli-rosse.

 

 

   

 

 

Dopo Buffalo Bill gli artisti principali sono il cow-boy Gosse, detto il modello-tiratore, uno dei più intrepidi mandriani che abbiano mai cavalcato il mustang di prateria, tirato con destrezza mirabile il lazo fra i tori inferociti e tenuto insieme tre o quattrocento bestie cornute durante uno di quei cicloni distruttori che infuriano nel Texas: Buk Taylor, il re dei cow-boys, poi Tony Esquival, un vaquero del sud-ovest, e miss Annie Oakley, la piccola tiratrice infallibile.

 

Gli indiani sono andati accamparsi al Campone ove hanno rizzato le loro coniche wigwans. Ieri una grande folla si è recata in quella via, ma poco o nulla potè vedere essendo lo steccato molto alto e l'ingresso proibito. Alcuni indiani però, fra cui alcuni con delle penne piantate fra i capelli, hanno passeggiato ieri sera in via Nuova e in piazza Vittorio Emanuele destando molta curiosità fra i passanti. Portavano indosso le loro variopinte coperte che non permettevano di vedere il costume che portavano sotto.

Oggi però li ammireremo nei loro strani costumi e forse potremo vedere l'abito che il capo Sioux Rokey portava nelle guerre contro gli americani e contro lo stesso Buffalo Bill, una specie di uniforme tagliata in una pelle di bisonte sulla quale sono dipinte rozzamente varie battaglie a cui prese parte.

 

 

           

 

 

Un ultimo particolare su questi indiani. Tutti hanno preso parte alle guerre di frontiera e si sono più o meno distinti per la loro bravura e sono tutti prigionieri del governo degli Stati Uniti, il quale li ha affidati a Buffalo Bill sotto la sua mallevadoria.

E' importante sapere che Buffalo Bill è esattissimo e che avendo annunciato di cominciare lo spettacolo alle tre, si può essere sicuri che sarà puntuale.

Avviso ai ritardatari.

 

 

 

 

 

Il tempo minaccioso, che pareva sempre lì per rovesciare un acquazzone e i prezzi elevatissimi, ai quali non sono mai stati abituati i frequentatori dell'Arena, non hanno trattenuto i veronesi dall'accorrere numerosissimi allo spettacolo di Buffalo Bill.

Infatti alle tre pomeridiane, il nostro magnifico anfiteatro presentava un colpo d'occhio più unico che raro, con tutti quei gradini affollati di persone fra cui abbondava il sesso femminile. E che pubblico! Scelto, sceltissimo, come poche volte abbiamo veduto in Arena.

Si capisce che c'era molta curiosità, per vedere quei famosi indiani e quegli abilissimi cavalieri americani e messicani del Grande Ovest americano.

 

Alle due e mezza una fanfara composta di una dozzina di cow-boys cominciò alcune marce suonate discretamente bene e ci fece udire un pezzo delle "Campane di Corneville" che fu applaudito. Alle ore tre precise lo spettacolo ebbe principio.

 

 

 

 

 

Dal fondo dell'anfiteatro irrompono di carriera, gettando urla strane, gruppi di indiani Arrapahoes, gli indiani Brulè, di Outt Off, di Cheyennes, di Ogallallas e di Sioux guidati dai capi "Cuore Nero, Corno d'Aquila, Collo Basso, Piccolo Capo e Orso Duro" e gruppi di cow-boys americani e di vaqueros messicani guidati da Buk Taylor e da Esquival e un gruppetto di tre ragazze della frontiera messicana.

 

Osserviamo attentamente tutti quei diversi tipi. Nulla di feroce troviamo nei volti di quelle pelli-rosse che pur si resero così celebri, in tutte le epoche, per la loro efferatezza e nulla troviamo di spaventevole nelle loro grida di guerra che pur si scrisse tante e tante volte che mettevano così gran paura nell'animo dei più coraggiosi avventurieri del Grande Ovest.

Taluni di quegli indiani sono di statura gigantesca, gli altri tutti al di sopra della media, ben conformati e che in tutte le loro mosse rivelano una agilità più che straordinaria e una forza non indifferente.

 

 

 

 

 

 

Ve ne sono di tutti i colori, poiché parecchi sono dipinti, cosa indispensabile presso alcune tribù, allorché si preparano ad entrare in campagna.

Spiccava soprattutto un indiano dipinto di giallo dal capo ai piedi. Nelle loro acconciature nulla di orribile. Erano sottanine per lo più verdi, casacche larghe per lo più bianche e adorne di pendenti e calzoni pure larghi. In testa una piuma e ai piedi piccoli mocassini ricamati. I capi portavano lunghi diademi di penne di tacchino selvatico e una specie di bastone di comando sormontato da una piuma svolazzante. Uno spiccava per un lungo ornamento di penne che dal capo gli scendeva fino alle anche.

 

Begli uomini i cow-boys e i vaqueros, gente robusta, abbronzata, che s'indovina essere rotta a tutte le fatiche e a tutti gli esercizi. Portavano quasi tutti calzoni di pelle adorni di pendenti pure di pelle e larghi sombreros di feltro.

Ammiratissimo il loro capo Buk Taylor, un giovanotto veramente gigantesco che cavalcava con grazia e abilità sorprendente.

 

 

                                       

 

 

Tutti quegli uomini montavano dei veri mustangs di prateria, cavalli piccoli, vivacissimi, resistenti a lunghe corse e a lunghe marce, discendenti di quei 92 cavalli che i primi spagnoli portarono in America e che in meno di quattro secoli popolarono in numero straordinario le due Americhe.

Gli indiani non avevano né sella né staffe, ma dimostrarono che non a torto si sono guadagnati la fama di primi cavalieri del mondo; i cow-boys e i vaqueros avevano invece le larghe staffe e le alte selle messicane rivelandosi pur essi cavalieri impareggiabili, e tali da dare dei punti ai famosi gauchos della pampa argentina.

 

Buffalo Bill si è presentato sul suo vecchio cavallo grigio che per tanti anni lo ha trasportato attraverso le praterie americane. E' un bell'uomo, quel colonnello, di alta statura, di forme sviluppatissime, con un lungo pizzo e lunghi capelli brizzolati.

 

 

                             

 

 

Postosi alla testa degli indiani, dei cow-boys e dei vaqueros, fece eseguire a tutti quei cavalieri delle cariche e dei giri vertiginosi che non riuscirono come avrebbero dovuto riuscire a causa della ristrettezza dello spazio. Se quegli abilissimi cavalieri fossero stati in campo di Marte avrebbero indubbiamente ottenuto un successo straordinario.

Seguì una corsa fra un indiano, un messicano e un cow-boy per dimostrare i modi diversi di cavalcare e che gli indiani senza speroni, senza staffe e senza sella sanno sorpassare i loro avversari.

Piacque e fu applaudito l'antico corriere a cavallo, rappresentando il modo in cui si trasportavano i documenti del governo dell'Unione prima delle ferrovie. Quei corrieri, uomini abilissimi e coraggiosissimi, percorrevano quasi tutto d'un fiato 50 miglia cambiando cavallo ogni 10. Un cow-boy ci mostrò con che rapidità i corrieri scendevano da cavallo e balzavano su quello di ricambio che li attendeva. Era appena giunto che già si trovava sul cavallo di ricambio eseguendo dei salti sorprendenti.

 

 

                                       

 

 

Ed eccoci ai tiratori.

Fu lo spettacolo più apprezzato dal pubblico e dobbiamo proprio dirlo, i tiratori eseguirono degli esercizi veramente straordinarii.

Miss Annie Oakley, la piccola tiratrice infallibile, una ragazza bellina tanto, si presentò per prima in un grazioso costume di cacciatrice. Questa "Regina del rifle" si mostrò all'altezza della sua fama. Spezzò colla carabina una cinquantina di palle di vetro che venivano lanciate in aria, a diverse altezze. Ne spezzò parecchie voltata indietro, guardando in uno specchietto che teneva dinanzi e parecchie altre tenendo la carabina rovesciata in alto.

Eguale abilità mostrarono il giovane cow-boy Johnnie Baker e Buffalo Bill il quale a cavallo, trottando, con un Winchester spezzò di seguito e parecchie volte, dieci palle su dodici.

Sorprendenti gli esercizi dell'altro celebre tiratore, il signor Daly il quale a colpi di revolver spezzava delle palle che teneva in mano un giovanotto! Tutti i tiratori furono applauditissimi dal pubblico e dovettero presentarsi più volte.

 

 

 

 

 

Altro spettacolo che dal pubblico fu apprezzatissimo e che destò pure vivissimo interesse a Napoli, Roma, Bologna e Milano fu la caccia ai cavalli selvaggi.

Sei cavalli di razza Bucking, ossia di razza indomabile, furono fatti entrare nel circo in piena libertà. Buffalo Bill seguito da Buk Taylor e da altri cow-boys e vaqueros muniti tutti di lazos si diedero ad inseguirli e dopo una lunga corsa riuscivano a farli prigionieri mostrando in questo esercizio una grande abilità nel getto dei lacci. Presili, si trattava di insellarli e di montarli, cosa non tanto facile, poichè i cavalli selvaggi sferravano calci per ogni dove e spiccavano salti indemoniati. Riusciti ad atterrarli, i cow-boys e i vaqueros li insellarono e si provarono a montarli. La lotta fra i cavalieri e i cavalli fu bellissima, ma la vittoria rimase ai primi. Malgrado i salti disordinati, i contorcimenti, le cadute, le impennate, i cavalieri si mantennero in sella fra applausi calorosissimi. Qualche cow-boy cadde ma non si fece male a quanto ci parve.

Meschina la caccia ai bisonti che ci parvero molto fiacchi. Malgrado le grida degli indiani e i colpi di fucile di Buffalo Bill, se la prendevano con molto comodo quei villosi ruminanti.

 

 

 

 

 

Interessanti invece le danze indiane, in cui le pelli-rosse, quasi tutte nude, accompagnate dal suono di alcuni tamburelli molto sordi, eseguirono marce e contro marce originalissime, curiosissime e danze guerresche emettendo delle urla diaboliche che somigliavano assai a latrati di cani.

 

I combattimenti furono accolti freddamente dal pubblico, forse perché mancava un certo apparato scenico, solo possibile in un campo vasto ed aperto e non nello stretto circo dell'anfiteatro.

Buffalo Bill ci mostrò fedelmente come si combatte nelle grandi praterie americane, come usano le pelli-rosse a caricare o come fanno a difendersi gli emigranti, i cow-boys, e come si difendevano le corriere.

 

 

   

 

 

L'attacco d'un treno di emigrati riuscì migliore perché più naturale. Mentre negli altri assalti nessun cavallo e nessun uomo cadeva, in questo molti cavalli e molti indiani, messicani e cow-boys si gettarono a terra fingendosi morti.

Riuscì discreto anche l'assalto della storica corriera di Deadwood, una corriera sventrata, tutta bucata dalle palle, tirata da sei bellissimi muli del Texas. Dentro presero posto due nostri redattori che ne uscirono assordati dai colpi di fucile e di pistola che gli indiani tiravano proprio dentro le portiere ed ammaccati da trabalzi di quella celebre sì, ma assai malandata carcassa.

Lo spettacolo si chiuse con una fantasia alla quale presero parte tutti gli indiani, tutti i cow-boys, tutti i vaqueros, le ragazze della frontiera e Buffalo Bill.

 

 

 

 

 

Il pubblico ha fatto un'accoglienza piuttosto fredda alla compagnia di Buffalo Bill e abbiamo udito parecchie persone dire che è stata una mistificazione.

Tale non è la nostra opinione per simile spettacolo che se ha sollevato dei pro e dei contro, a Milano e a Bologna ha furoreggiato ed ha interessato assai i romani, i napoletani, i parigini e i londinesi.

Si deve pensare che Buffalo Bill non intende mostrare dei cavallerizzi che galoppano stando in piedi e degli artisti che eseguiscono salti mortali o gran volte alle sbarre.

Egli intende offrire uno spettacolo reale, vero, della prateria americana raffigurante tutti i quadri più importanti della vita selvaggia del Grande Ovest cogli usi e i costumi di quelle popolazioni.

Il colonnello Cody ha avuto però un torto, è vero, e cioè di non aver rappresentato i suoi quadri con l'apparato scenico usato in altre città. Infatti non abbiamo visto né i furgoni degli emigranti, né il villaggio di frontiera, ma forse ciò è stato impedito dalla ristrettezza dell' Arena.

Ma tolto questo per noi, lo ripetiamo, fu uno spettacolo interessantissimo sotto tutti i rapporti e abbiamo un dubbio e cioè che una parte del pubblico non lo abbia nè ben compreso nè bene osservato nei suoi particolari. [ ….. ]