CARLO PICCALUGA della Famiglia dei “Re dell’Autoscooter”
testimonianza raccolta da Chantal ROSSATI
( da “Viaggiatori della Luna” - IKON EDITRICE & ANESV AGIS – 1997 )
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I viaggiatori si distinguono per la loro lunga memoria e per un attaccamento forse eccessivo verso tutto ciò che ricorda i familiari scomparsi, il luogo natìo e «il buon tempo antico». Carlo Piccaluga lo dimostra nel modo più evidente: appartiene a una delle più antiche famiglie del viaggio e pur continuando a esercitare assieme a figli e nipoti, tra Voghera, Pavia e Andora, ha dedicato tempo, denaro, passione e pazienza per gettare le basi di un museo che raccoglie oggetti da Luna Park, nel torinese, dove trascorre la stagione morta cioé il periodo invernale. Il primo impatto nella Sala dei Ricordi - così è denominata l'importante collezione dedicata alla memoria di un figlio prematuramente scomparso - è con imponenti organi da giostra, colossali come quelli da chiesa, perfettamente restaurati da un suo prezioso amico «fermo», da sempre appassionato di musica.
«Questo piccolo organo era stato murato dal suo proprietario, in tempo di guerra, perché i tedeschi non se lo portassero via. Quello invece, questo colosso tutto dipinto a mano, appartiene a Giovanni Zena della famiglia Zena che è stata una delle prime a far conoscere il cinematografo nelle fiere italiane. - Spiega Carlo Piccaluga con voce inconfondibile da grande fumatore e con accattivante e incontenibile emozione.- Infine quest'altro era in uno stato pietoso quando l'ho trovato. Ho fatto accomodare tutti i suoi tasti rosicchiati dai topi, meno uno, per ricordo e per far capire quanto lavoro è stato necessario per rimettere in sesto l'intero meccanismo. Sentite che bel suono?
Ma quando non c'era l'energia elettrica bisognava farlo funzionare a mano, ecco cosÌ… - stacca la spina, inserisce un pomolo consunto nel meccanismo e fa girare manualmente la cinghia tesa - Noi delle giostre davamo qualche lira ai giovanotti pieni di buona volontà per far funzionare l'organo, ma dovevano avere un "goccino d'orecchio" e non girare né troppo piano né troppo veloci per evitare stonature. E che fatica dopo un po'. Sembra facile...». Chi non aveva soldi e voleva guadagnarsi un giro gratis in giostra doveva, anche in quel caso, azionarla a mano. E' rimasto un detto in Lomellina, a questo proposito: «L’è a to piasé me püncià la giustra» (E' a tua volontà, come spingere la giostra).
E, sempre in tema del cosiddetto «bel tempo passato», Piccaluga continua. «Vedete queste brocche di rame? Quando nelle carovane non esisteva l'acqua corrente, le nostre donne davano qualche biglietto per un giro gratis in giostra ai ragazzini del paese se in cambio ci riempivano le brocche. Si passavano la voce e l'acqua non mancava mai!
Vogliamo andare ancora più indietro nel tempo? Qui ci sono i quaderni di mio nonno. Sapeva appena scrivere ma segnava tutto accuratamente, giorno per giorno: conti e annotazioni. Per esempio: "Dato mancia al carrettiere", "Piazza non buona perché lontana dal centro", "Se si dà una lira ai giovanotti presenti e due ai più grandi, allora vengono di sicuro ad aiutare "».
Piccaluga continua il giro degli strumenti. Se Anthony Quinn avesse l'accento piemontese potrebbe essere considerato il fratello dell'abbronzatissimo e grintoso Carlo Piccaluga. «Questo immenso organo costruito a Waldkirch, è stato trasportato anche in piazza Duomo a Milano, con tanto di guardie notte e giorno. Quando Gardaland aveva appena aperto i battenti l'ho prestato per attirare pubblico. L'ho lasciato gratis per sei mesi, a un solo patto: che lo trasportassero senza mai superare i 50 km all'ora per non rovinare tutto il complesso meccanismo sonoro, le statuine e tutte le decorazioni! Ho mandato con loro mio figlio, allora aveva 11 anni, e gli ho chiesto che non staccasse mai lo sguardo dal cruscotto. Al ritorno mi ha riferito il viaggio per filo e per segno». Ecco un modo per inculcare il senso di responsabilità in un ragazzo!
Non basta comprare e far funzionare una o più giostre per essere automaticamente inseriti fra la gente del viaggio. Farne parte vuol dire credere in quei valori tradizionali che sono, come già detto, il senso della famiglia, il rispetto per i maggiori, la solidarietà, la generosità, un'infinita capacità lavorativa e l'orgoglio di aver scelto uno stile di vita speciale.
«Sono nato in carovana e morirò in carovana», ecco quanto affermano con fierezza tutti, anche i giovani, sottolinea Piccaluga. Ecco perché i "bergantini" non appartengono al nostro mondo. Sono contadini, provenienti perlopiù da Bergantino, in provincia di Rovigo, che comprano giostre e ci fanno concorrenza. Nulla da ridire sul conto loro: sono lavoratori seri ma non appartengono al nostro mondo anche se ci stanno d'attorno da una quarantina d'anni. Loro sognano di mettere i soldi da parte per comprarsi casa e terreno e ritirarsi al più presto dal mestiere. Non ci mettono passione. Quanto alla casa devo ammettere che anch'io ne ho una: piccolina, proprio qui vicino alla Sala dei Ricordi. Chissà quando la finirò: d'altronde non mi interessa».
Ma le nuove generazioni di viaggiatori come sono? Piccaluga non ha esitazioni. «Proprio l'altra sera dicevo che sta venendo su una bella gioventù. L'unica differenza è che i giovani vogliono un po' più di indipendenza, più presto di quanto toccava a noi». E racconta episodi in cui la figura paterna appare sempre imperiosa. «Non potete immaginare il peso di certi pezzi da giostra. Ci si lavorava in tanti a montarla e in fretta. «Mai più di un'ora» esigeva nostro padre e noi ce la mettevamo tutta: per paura di non finire in tempo, non impiegavamo mai più di 45 minuti...»
Mostra con tenerezza la carovana e le giostre di sua proprietà, uno scivolo e un «brucomela» (giostra per bambini rappresentata da un ardimentoso bruco che attraversa una mela-tunnel) riprodotti in miniatura dallo scomparso viaggiatore Daccò. «Ai viaggiatori che si sono fermati per sempre ho dedicato tre volumi. Un quarto libro è solo per la gente del Circo. Amo molto il Circo, d'altronde la mia seconda moglie è circense. La prima era una ferma e il mio matrimonio, che comunque è durato 25 anni, ha suscitato molto scalpore. Ne hanno parlato anche i giornali». Sfoglia uno dei volumi manoscritti. In ciascun album familiari e amici trascrivono i nomi dei defunti e gli epitaffi. Solo i circensi amano che si aggiunga la foto dello scomparso. Quando qualcuno muore, i congiunti vengono da me: su una grande pagina faccio calligrafare da uno specialista il nome del defunto e sotto, tutti scrivono un pensiero. Finora i nomi raccolti sono 800».
Nella Sala dei Ricordi gli strumenti musicali sono affiancati da innumerevoli svariati cimeli: due cavallucci montati un tempo da Umberto II accanto allo smisurato paio di scarpe di un gigante «fenomeno da baraccone», automi e giochi come la «ritorna» o i dischetti metallici con cui si doveva coprire interamente una figura. «Sono giochi da "spilladore" cioé giochi col trucco che permettono di spillare quattrini al pubblico». In realtà si tratta di giochi di grandissima abilità.
Le pareti della Sala sono letteralmente tappezzate da fotografie: accanto all'immenso baobab genealogico dei Piccaluga, si vedono foto che documentano via via delegazioni del viaggio ricevute da vari Papi, e poi onorificenze, distruzioni belliche, amici, parenti, riprese cinematografiche tra le giostre e ancora il Monumento itinerante al viaggiatore di sua invenzione. Sorprendente una grande fotografia raffigurante i 17 o 18 fratelli Manfredini, molti dei quali gemelli, tutti vestiti da Balilla. «Allora sì che si potevano fare le "parate", queste sfilate antesignane del music-hall, che servivano a reclamizzare le attrazioni e a richiamare il pubblico - commenta Piccaluga - ma oggi che le famiglie sono meno numerose uno spettacolo simile è impensabile. Bisognerebbe assumere a ore alcune comparse e il costo di una breve apparizione si aggirerebbe sul milione!».
Questa categoria professionale è bersagliata dal fisco come tutte le altre. Pochissimi anni fa la stampa aveva dato rilievo alle «tasse giostricide» e a qualche dimostrante, gestore di giostre, che si era incatenato per protesta ai cancelli ministeriali di Roma. Particolarmente deleterie per la gente del viaggio risultano le nuove regole sull'anzianità dei veicoli in circolazione. «Statisticamente non è mai successo un incidente grave e tantomeno mortale fra di noi. Eppoi - si infervora Piccaluga scuotendo i capelli piuttosto lunghi, argentati come la nuvola di fumo delle sue sigarette - se alla fine dell'anno si fa il conto, non percorriamo così tanti chilometri visto che ci fermiamo per mesi nelle varie piazze. Quando ci mettiamo in viaggio, ci portiamo tutto appresso: la famiglia, la casa, gli strumenti di lavoro. Sarebbe una follia non guidare prudentemente e non far revisionare regolarmente i nostri mezzi».
Inoltre non è da sottovalutare il valore affettivo che questa gente dimostra verso le proprie macchine, automezzi o giostre, spesso personalizzate in modo fantasioso. «Ha notato quell'articolo pubblicato recentemente su "Auto d'epoca" e intitolato Musei viaggianti? Vi si leggeva: "Curiosare tra le carovane degli spettacoli itineranti può riservare delle belle sorprese: camion e autobus di 30 e 40 anni fa sono ancora in servizio, un po' aggiornati forse... comunque sono giunti fino a noi!"».
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