COME COSTRUIRSI UN SERRAGLIO CON ANIMALI VERI
di VAMBA
( da " Il giornalino di Gianburrasca " – ed. Bemporad )
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Sono qui, chiuso nel salotto da desinare, e sento di là nell'ingresso quella vociaccia stridula della zia Bettina che si sfoga contro di me con la moglie del contadino e ripete: - È un demonio! Finirà male! E tutto questo perché? Per aver fatto il chiasso coi figliuoli del contadino, come fanno tutti i ragazzi di questo mondo, senza che nessuno ci trovi nulla da ridire. Ma siccome io ho la disgrazia d'avere tutti parenti che non voglion capire che i ragazzi hanno diritto di divertirsi anche loro, così mi tocca ora a star qui chiuso e sentirmi dire che finirò male ecc. ecc., mentre invece io volevo che la zia Bettina finisse col pigliarci gusto anche lei al serraglio di bestie feroci, che m'era riuscito così bene.
L'idea m'è venuta perché una volta il babbo mi portò a vedere quello di Numa Hava, e da allora ci ho sempre ripensato, perché il sentire nell'ora del pasto tutti quegli urli dei leoni, delle tigri e di tanti altri animali che girano in qua e in là nelle gabbie stronfiando e raspando è una cosa che fa grande impressione e non si dimentica tanto facilmente. E poi io ho sempre avuta molta passione per la storia naturale e a casa ho i Mammiferi illustrati del Figuier che li leggo sempre, guardando le figure che mi son divertito tante volte a ricopiare.
Ieri, dunque, nel venire qui alla villa avevo visto nella fattoria che confina col podere della zia due operai che tingevano le persiane della casa del fattore di verde e le porte della stalla accanto di rosso; sicché stamani, dopo il fatto della pianta di dìttamo, appena mi è venuta l'idea del serraglio, mi son subito ricordato dei pentolini di tinta degli operai, che avevo visto ieri alla fattoria, e ho detto fra me che avrebbero potuto far comodo, come difatti mi sono stati molto utili.
Prima di tutto mi son messo d'accordo con Angiolino, il figliuolo del contadino della zia, un ragazzo che ha quasi la mia età ma che non ha mai visto nulla nella sua vita, sicché mi sta sempre a sentire a bocca aperta e m'ubbidisce in tutto e per tutto. - Ti voglio far vedere qui sull'aia il serraglio di Numa Hava - gli ho detto. - Vedrai! - Voglio vedere anch' io! - ha esclamato subito la Geppina che è la sua sorella minore. - Anch'io! - ha detto Pietrino, un bambino di due anni e mezzo che non sa ancora camminare e che si trascina per terra con le mani e con le ginocchia. Lì nella casa del contadino non c'eran che questi tre ragazzi perché i loro genitori e i fratelli maggiori eran tutti nel campo a lavorare. - Va bene,... - ho detto. - Ma bisognerebbe, poter pigliare i pentolini delle tinte alla fattoria! - Questo è il momento buono, - ha detto Angiolino - perché è l'ora che i verniciatori vanno al paese a far colazione. – E siamo andati tutt'e due alla fattoria. Non c'era nessuno. Da una parte, a piè di una scala, c'eran due pentoli pieni di tinta a olio - in uno la tinta rossa e nell’altro la tinta verde; e c'era anche un bel pennellone grosso come il mio pugno. Angiolino ha preso un pentolo; io ho preso l'altro e il pennello, e via, siamo ritornati sull'aia di casa sua, dove Pietrino e la Geppina ci aspettavano ansiosi. - Cominceremo dal fare il leone, - ho detto.
A questo scopo avevo portato con me dalla villa, Bianchino, il vecchio can barbone della zia Bettina, al quale ella è così affezionata. Gli ho attaccato al collare una fune e l'ho legato alla stanga del carro da buoi che era sull'aia, e, dato di piglio al pennellone, ho incominciato a tingerlo tutto di rosso. - Veramente - ho detto a quei ragazzi perché avessero un'idea precisa dell'animale che volevo loro rappresentare - il leone è colore arancione, ma siccome manca il giallo noi lo faremo rosso, che in fondo viene a esser quasi lo stesso. - In poco tempo Bianchino, interamente trasformato, non era più riconoscibile e, mentre esso si andava asciugando al sole, ho pensato a preparare un'altra belva. Poco distante da noi c'era una pecorella che pascolava; l'ho legata alla stanga del carro, accanto al cane, e ho detto: - Questa la trasformeremo in una bellissima tigre. –
E dopo aver mescolate in una catinella un po' di tinta rossa e un po' di tinta verde le ho dipinto sul dorso tante ciambelline in modo che pareva proprio una tigre del Bengala come quella che avevo visto da Numa Hava, meno che, per quanto le avessi tinto anche il muso, non aveva quell'espressione feroce che faceva una così bella impressione in quella vera.
A questo punto ho sentito un grugnito, e ho domandato ad Angiolino: - Che ci avete anche un maiale? - Sì: ma è un maialino piccolo: è qui nella stalla, guardi, sor Giannino. E ha tirato fuori, infatti, un porcellino grasso grasso, con la pelle color di rosa che era una bellezza. - Che se ne potrebbe fare? - ho domandato a me stesso. E Angiolino ha esclamato : - Perché non ci fa un leofante? - Io mi son messo a ridere. - Vorrai dire un elefante! - gli ho risposto. - Ma sai che un elefante è grande come tutta questa casa? E poi con che gli si potrebbe far la proboscide?
- A questa parola i figliuoli del contadino si son messi a ridere tutt'e tre e finalmente Angiolino ha domandato: - O che è ella, codesta cosa così buffa che ha detto lei, sor Giannino? - È, come un naso lungo lungo quasi quanto la stanga di questo carro e che serve all'elefante per pigliar la roba, per alzare i pesi e per annaffiare i ragazzi quando gli fanno i dispetti. - Che brutta cosa è l'ignoranza! Quei villanacci di ragazzi non mi hanno voluto credere, e si son messi a ridere più che mai. Io intanto riflettevo per trovare il modo di utilizzare il maialino color di rosa che seguitava a grugnire come un disperato. Alla fine ho risoluto il problema e ho gridato: - Sapete che cosa farò? Io cambierò questo maialino in un coccodrillo! - Sul carro c'era una copertaccia da cavallo. L'ho presa e l'ho fermata da un lato, legandola con una fune intorno alla pancia del maialino; poi, risollevando tutta la parte di coperta che avanzava strascicando di dietro, l'ho legata stretta stretta a uso salame, in modo che rappresentasse la lunga coda del coccodrillo. Fatto questo, ho tinto di verde tanto il maialino che la coperta, in modo che, a lavoro compiuto, l'illusione era perfetta.
Dopo aver legata anche questa belva alla stanga del carro da buoi, ho pensato di farne un'altra servendomi dell'asino che ho preso nella stalla e che, essendo di color grigio, si è prestato benissimo a far da zebra. Infatti è bastato che gli dipingessi sul corpo, sul muso e sulle gambe tante strisce, dopo aver mescolato daccapo il rosso col verde, per ottenere una zebra sorprendente, che ho legata con gli altri animali alla solita stanga. Infine, siccome per rallegrare la scena mancava la scimmia, con lo stesso colore ho tinto la faccia di Pietrino che appunto stava berciando e sgambettando come una bertuccia, e servendomi d'uno straccio strettamente legato gli ho anche fabbricato una splendida coda che ho assicurata alla cintola del marmocchio, sotto la sottanina.
Poi, per rendere la cosa anche più naturale, ho pensato che il vedere la scimmia sopra un albero avrebbe fatto un bellissimo effetto e perciò, aiutato da Angiolino, ho messo Pietrino su un ramo dell'albero che è accanto all'aia, assicurandolo con una fune perché non cascasse. Così ho completato il mio serraglio e ho incominciato la spiegazione. - Osservino, signori : questa bestia a quattro zampe con la groppa tutta rigata a strisce bige e nere è la Zebra, un curioso animale fatto come un cavallo ma che non è un cavallo, che morde e tira i calci come i ciuchi ma che non è un ciuco, e che vive nelle pianure dell'Affrica cibandosi dei sedani enormi che nascono in quelle regioni, e scorrazzando qua e là a causa delle terribili mosche cavalline che in quei paesi caldi hanno le proporzioni dei nostri pipistrelli... - Accidempoli! - ha detto Angiolino. - O che può essere? - Può essere sicuro! - ho risposto io. Ma tu devi stare zitto, perché mentre si dà la spiegazione delle bestie feroci, è proibito al pubblico di interrompere perché è pericoloso. Quest'altra belva, che è qui accanto, è la Tigre del Bengala, che abita in Asia, in Affrica e in altri luoghi dove fa strage degli uomini e anche delle scimmie... –
A questo punto della mia spiegazione Pietrino ha incominciato a piagnucolare di sull'albero e, voltandomi in su, ho visto che la fune con la quale l'avevamo legato al ramo s'era allentata ed egli stava sospeso con gli occhi fuor della testa per la paura. In quella posizione pareva proprio una scimmia vera quando sta attaccata agli alberi con la coda, e io ho approfittato subito della circostanza per richiamar l'attenzione del pubblico su questa nuova bestia del mio serraglio. - Hanno udito, signori e signore? Al solo nome della tigre la Scimmia si è messa a stridere, e con ragione, perché essa è spesso vittima degli assalti di questo terribile animale ferino. La scimmia che loro osservano lassù sull'albero è una di quelle che si chiamano volgarmente bertucce e che vivono abitualmente in cima agli alberi delle foreste vergini, dove si nutrono di bucce di cocomero, di torsoli di cavolo e di tutto quel che si trova a portata delle loro mani. Questi curiosi e intelligenti animali hanno il brutto vizio di scimmiottare tutto quel che vedono fare agli altri, e questo è appunto il motivo per cui i naturalisti hanno messo loro il nome di scimmie... Bertuccia, fate una riverenza a questi signori!... - Ma Pietrino non ha voluto saperne di far la riverenza, e ha seguitato a piagnucolare. - Faresti meglio - gli ho detto - a soffiarti il naso... Ma intanto noi passeremo al Leone, a questo nobile e generoso animale che ben a ragione è chiamato il re di tutte le bestie perché col suo bel manto e la sua forza impone soggezione a tutti quanti, essendo capace di mangiarsi anche una mandra di bovi in un boccone... Esso è il carnivoro più carnivoro di tutti i carnivori, e quando ha fame non porta rispetto a nessuno, ma non è tanto feroce come altre belve che ammazzano la gente per puro divertimento; esso invece è un animale di cuore, e si racconta anche nei libri, che una volta, trovandosi egli a Firenze di passaggio, e avendo incontrato per la strada un piccolo bambino che si chiamava Orlanduccio e che si era perso, lo prese delicatamente per la giacchetta e lo riportò pari pari alla sua mamma che se non mori di paura e di consolazione fu un vero miracolo. -
Molte altre cose avrei potuto dire intorno al leone; ma siccome Pietrino seguitava a berciare sull'albero che pareva lo scannassero, mi sono affrettato a passare al Coccodrillo. - Guardino, signori, questo terribile anfibio che può vivere tanto nell'acqua che nella terra e che abita sulle sponde del Nilo dove dà la caccia ai negri e ad altri animali facendoli sparire nell'enorme bocca come se fossero piccole pasticche di menta!… Esso si chiama coccodrillo perché ha il corpo ricoperto di grosse squame dure come le noci di cocco fresco che si vendono nei bar, e con le quali si difende dai morsi delle altre bestie feroci che si aggirano in quei paraggi... - In così dire ho dato una buona dose di bacchettate sul groppone del maialino che ha incominciato a grugnire come un disperato, mentre il pubblico rideva a più non posso. - La caccia al coccodrillo, signori e signore, è molto difficile appunto perché su quel groppone così duro le armi a punta come la sciabola e il coltello si spuntano, e le armi a fuoco sono inutili perché le palle rimbalzano e se ne vanno via. I coraggiosi cacciatori però hanno pensato un modo molto ingegnoso per pigliare i coccodrilli, servendosi di uno stile a due punte in mezzo al quale è legata una corda, che adoperano così... - E perché quei due poveri ignoranti capissero qualcosa, ho preso un pezzo di legno, poi col temperino vi ho fatto le punte da tutt'e due le parti e vi ho legato uno spago nel mezzo; fatto questo, mi sono avvicinato al maialino, gli ho fatto aprir bocca e vi ho introdotto dentro arditamente il pezzo di legno, seguitando la mia spiegazione: - Ecco qua; il cacciatore aspetta che il coccodrillo faccia uno sbadiglio, ciò che gli succede spesso, dovendo vivere sempre sulle sponde del Nilo dove anche una bestia finisce per annoiarsi; e allora ficca il suo dardo nell'enorme bocca dell'animale anfibio che naturalmente si affretta a richiuderla. Ma che cosa succede? Succede che chiudendo la bocca viene a infilarsi da sé stesso le due punte del dardo nelle due mascelle, come possono osservare lor signori... - Infatti il maialino, richiudendo la bocca s'era bucato e mandava certi urli che arrivavano al cielo. In quel momento, voltandomi, ho visto il babbo e la mamma d'Angiolino, che venivano giù dal campo trafelati. Il contadino gridava: - Oh, il mi' maialino!… - E la contadina sporgeva le braccia verso quel moccione di Pietrino che seguitava anche lui a piangere, e diceva: - Uh, povera la mi' creatura!... –
È inutile. I contadini sono ignoranti, e perciò in tutte le cose si lasciano sempre trasportare all'esagerazione. A vederli correre affannati e fuor della grazia di Dio pareva che gli avessi ammazzato tutti i figliuoli e tutte le bestie, invece di cercare, come facevo io, di istruire que' villani tentando di far entrare in que' cervellacci duri, delle spiegazioni sulle cose che non avevano mai visto. Ma sapendo quanto sia difficile di far entrar la ragione in quelle zucche, per non compromettermi ho sciolto alla svelta tutte le bestie feroci e, montato sul ciuco, gli ho dato un par di legnate, e via a precipizio su per la strada maestra, con Bianchino dietro, che abbaiava a più non posso. Dopo aver girato un pezzo, finalmente sono arrivato alla villa. La zia Bettina è corsa sulla porta, e vedendomi sul ciuco ha esclamato: - Ah, che hai fatto!... - Poi, vedendo Bianchino tutto tinto di rosso, ha dato un balzo indietro impaurita, come se fosse stato un leone davvero; ma l'ha riconosciuto subito e allora gli si è buttata addosso, tremando come una foglia e gemendo: - Uh, Bianchino mio, Bianchino caro! Come ti hanno ridotto, povero amor mio?... Ah! È stato di certo questo manigoldo!... - E si è rialzata tutta inviperita. Ma io ho fatto più presto di lei, e buttatomi giù dal ciuco, son corso in questa stanza e mi ci son chiuso. - Starai lì in prigione finché non viene a ripigliarti tuo padre! - ha detto la zia Bettina: e ha chiuso la porta di fuori, a chiave. Dopo poco ho sentito la contadina che è venuta a far rapporto di tutto quel che ho fatto sull'aia, s'intende esagerando ogni cosa. Ha detto che il maiale sputa sangue, che Pietrino è in uno stato da far pietà, ecc. Basti dire che mi si tiene responsabile anche di quel che non è successo, e infatti è la decima volta che quell'uggiosa ripete: - Ma ci pensa, lei, sora padrona, se il mi' Pierino cascava giù dall'albero?... - Lasciamola dire, bisogna compatire le persone ignoranti, perché loro non ci hanno colpa. Tra pochi minuti arriverà il babbo e speriamo che egli saprà distinguere quel che è la verità... [ ….. ]
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