“ I CLOWN ” DI FEDERICO FELLINI
“I clowns” (93 minuti, Italia 1970) di Federico Fellini con Federico Fellini, Anita Ekberg, Liana Orfei, Fanfulla, Pierre Etaix, Alvaro Vitali, Gustav Fratellini, Nando Orfei, Tino Scotti, Maya Morin, Rinaldo Orfei
Milo MANARA per “I CLOWNS”
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La visione di questo film (girato per la televisione) risulta ancora oggi assai rara. La prima parte, che descrive l'arrivo del circo in un paesetto della Romagna, rappresenta una vera e propria "prova generale" del successivo Amarcord.
Segue un'inchiesta sui più celebri clown del passato condotta dal regista in persona. Fellini rende così omaggio, dopo Petronio, all'altra maggiore sua fonte di ispirazione. Fellini si avvicina al tema per cerchi concentrici, paragonando i numeri del circo ai “buffi” della sua cittadina di provincia: il matto che corteggia le contadine, la monaca nana che vive un po' in convento e un po' in manicomio, il mutilato nostalgico del regime fascista, il matto che crede di essere ancora in trincea, l'ubriaco che la moglie va a raccogliere in carriola all'osteria.
Una tavolata fra gli artisti del circo Orfei e la troupe di Fellini è l'occasione per raccontare un po' di aneddoti; il nucleo centrale è comunque costituito dalle interviste condotte in Francia sull'evoluzione del costume e delle gag dei clown nel tempo; la ricerca affannosa della poca documentazione superstite (“la società ingrata ha riso ma non ricordato”), un defilée dei litigiosi Antonet, la ricostruzioni dei numeri piú celebri, bevute in compagnia.
Al gran finale partecipa anche la troupe. I clown piangono la morte di un loro compagno: questa è l’occasione per rievocare decine di gag storiche e, mentre la cerimonia funebre degenera in un'orgia di stelle filanti, un giovane intellettuale intervista Fellini e gli chiede qual è il messaggio del film, ma Fellini non fa in tempo a rispondere ché due secchielli si infilano sulle loro teste.
IL BIANCO E L'AUGUSTO
di Federico FELLINI
(da “I CLOWN”, Cappelli Editore, Bologna 1988)
"Quando dico: il clown, penso all'augusto. Le due figure sono, infatti, il clown bianco e l'augusto. Il primo è l'eleganza, la grazia, l'armonia, l'intelligenza, la lucidità, che si propongono moralisticamente come le situazioni ideali, le uniche, le divinità indiscutibili. Ecco, quindi, che appare subito l'aspetto negativo della faccenda: perché il clown bianco, in questo modo, diventa la Mamma, il Papa, il Maestro, l'Artista, il Bello, insomma quello che si deve fare.
Allora l'augusto, che subirebbe il fascino di queste perfezioni se non fossero ostentate con tanto rigore, si rivolta. Egli vede che le « paillettes » sono splendenti: però la spocchia con cui esse si propongono le rende irraggiungibili.
L'augusto, che è il bambino che si caca sotto, si ribella ad una simile perfezione, si ubriaca, si rotola, per terra e anima, perciò, una contestazione perpetua. Questa è, dunque, la lotta tra il culto superbo della ragione (che giunge ad un estetismo proposto con prepotenza) e l'istinto, la libertà dell'istinto.
Il clown bianco e l'augusto sono la maestra e il bambino, la madre e il figlio monello; si potrebbe dire, infine: l'angelo con la spada fiammeggiante e il peccatore.
Insomma, essi sono due atteggiamenti psicologici dell'uomo: la spinta verso l'alto e la spinta verso il basso, divise, separate.
Il film finisce così: le due figure si vengono incontro e se ne vanno insieme.
Perché commuove tanto una situazione simile?
Perché le due figure incarnano un mito che è in fondo a ciascuno di noi: la riconciliazione dei contrari, l'unicità dell'essere.
Quel tanto di dolente che c'è nella continua guerra tra il clown bianco e l'augusto non è dovuto alle musiche o a qualcosa di simile: ma alla circostanza che ci si presenta sotto gli occhi un fatto che riguarda la nostra incapacità a conciliare le due figure. Infatti, più vorrai obbligare l'augusto a suonare il violino e più egli farà scorreggioni col trombone.
Ancora: il clown bianco pretenderà che l'augusto sia elegante. Ma, tanto più questa richiesta verrà fatta con autorità, tanto più l'altro si ridurrà ad essere stracciato, goffo, impolverato.
È l'apologo perfetto di una educazione che intende proporre la vita in termini idealizzati, astratti. Ma dice, appunto, Lao Tse: se ti costruisci un pensiero ( = clown bianco ); ridici sopra ( = l'augusto )."
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