GAMBE LUNGHE PER I SUONATORI GIROVAGHI
di Lea SENESI – ROSSINI illustr.
( da " Lo strano tesoro dei «Ma - Gi» " – ed. Salani - 1950 )
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- Che ne direste, marmocchi, di una merendina? lo sono avvezzo a somministrar medicine, ma questa volta ho preparato per voi qualche cosa di meglio. Andiamo. E rivolse un'occhiata, d'intesa a, Maurizio, indicandogli in pari tempo e furtivamente l'orologio. Nessuno se lo fece dire due volte. Quella dello spuntino era una promessa, tale da far dimenticare la china sassosa, la gara di discesa a rotolamento e la soddisfazione di giungere a basso per primi, anche se con le mani e i polpacci notevolmente sbucciati. Ma, che brave cuoche! Tra la signora Maroni e la donna di servizio hanno saputo preparare una crema costellata di savoiardi con contorno di pesche sciroppate, una crema che manda in visibilio i dieci ghiottoni i quali fanno a gara per saziarsene.
La dolce merendina è seguita dall'arrivo di due uomini molto buffi che avanzano con andatura saltellante e festosa dal viale di centro. Al primo istante di muta sorpresa, fa seguito un grande schiamazzo. - Oh! - Guarda!... - Chi sono quei due tipi? - Che lungherellone allampanato! - E quell'ometto col pancino a cocomero! - Bello quel tubino color nocciuola! - E quei calzoni a scacchi, come Arlecchino! Presto agli orecchi dei monelli balzati in piedi come fossero uno solo giunge l'eco degli accordi che l'omettino panciuto trae dalla chitarra per accompagnarsi la marcia.
Quando i due furono giunti al piazzaletto erboso dove si trovava riunita la compagnia, il dottor Maroni, che si era recato incontro ai sopraggiunti si volse ai suoi ospiti annunziando : - Vedete? Questi sono … Ma fu interrotto dall'ometto grassoccio e ridarello che lo trattenne. - Scusi, signore: la presentazione la lasci a me; spero che riesca divertente. Poi, imbracciata di nuovo la chitarra e intercalando i versetti con striduli accordi, cominciò piroettando torno torno al cerchio degli ascoltatori dinanzi a ognuno dei quali non dimenticava di abbozzare buffe riverenze di ossequio:
« Appena giunto dal mio gran viaggio, unica e prima occupazione mia è di recare il più devoto omaggio a questa eletta e varia compagnia. Là, là, trallerallà … »
Poi, in prosa,: - Adesso la presentazione. A te. E fece un cenno al lungherellone, il quale si mise subito a solfeggiare una nenia col lungo piffero cavato di saccoccia, mentre il suo viso conservava l'espressione austera che mai aveva raddolcita con un sorriso. Il grassottello seguitò a declamare:
« lo sono il più pacifico messer dell'universo. L'amico mio, Lunatico, è invece un po' selvatico. Eppure andiamo a verso qual pane e companatico. Là, là, trallerallà ...
« lo adoro il riso schietto, lui abbonda in piagnistei. Se è vero quel che ho detto vedrete, amici miei. Là, là, trallerallà.»
Risate, evviva da non si dire accolsero le parole del saltimbanco. Che buona idea aveva avuto il dottore a invitare i due girovaghi incontrati durante il viaggio, e che sorpresa per tutti i monelli che non si aspettavano quello spasso … tranne Maurizio, che pure essendone a parte aveva saputo tener bene il segreto. Ma in quanto a divertirsi erano tutti pari; anche il dottore non mostrava, di essere da meno. Lo spettacolo, in verità, era piacevole. Macchiette indovinate, buffi balletti, concertini e stornellate da mandare in visibilio; perfino qualche travestimento combinato lì per lì con pochi stracci e riuscito alla perfezione; qualche giuoco di prestigio molto interessante, non pochi scappellotti assestati per burla dal ridente Pacifico sulla cocuzzola del mesto Lunatico che se li prendeva con santa pazienza.
Finito lo spettacolo, i due giocolieri ebbero in compenso dal dottor Maroni assai più denaro di quello che avrebbero raggranellato nella questua, in uno dei loro consueti spettacoli sulle aie dei cascinali o in qualche piazzetta di villaggio. Perciò si prestarono lieti e volenterosi a tutte le domande che i monelli non si stancavano di rivolger loro sui giuochi eseguiti, sulla vita che conducevano, sulle soddisfazioni che poteva dar loro e sui loro propositi per l'avvenire. - Oh, l'avvenire !... - fece Pacifico con un largo sorriso sul faccione di luna, piena. - Si prende quella strada a destra, - e indicava la via del colle – e cammina, cammina, finchè non troviamo un gruppo di case per cominciare a recitare, oppure finchè non siamo stanchi e annotta. Allora un fienile dove dormire placidi sonni si trova, sempre. E quando spunta l'alba, avanti, sempre avanti, fin dove le gambe ci portano e fino a quando ci porteranno! Una canzone allegra sul labbro, una speranza sempre viva nel cuore ... - La speranza di arricchire? - domanda Girandola. - Eh, in quanto a quello ... - sospirò Lunatico alzando un mesto sguardo verso il cielo. - Col nostro mestiere non si arricchisce davvero. - Che importa? - interruppe Pacifico. - soldarelli per cavarsi fame e sete li raggranelliamo sempre. Che ci occorre di più? Andiamo, andiamo.
« Buona sera a tutti quanti. Procediamo sempre avanti, sempre allegri e spensierati anche se stanchi e affamati.»
E ripresero il loro trotterello ritmato a suon di chitarra per allontanarsi dal Castellaccio. [ ….. ]
Attraverso gli spiragli del bosco, che vanno facendosi adesso sempre più frequenti, si vede anche qualche altra cosa ... Oh, che scena buffa, che scena buffa! È quasi più divertente a vedersi, dello spettacolo di varietà svolto il giorno prima, dai due girovaghi nel giardino del Castellaccio … a vedersi e anche a sentirsi, perché il dialogo tra il capoccia Capocchi e due fuggiaschi che se la danno a gambe giù per la china, è spassoso come una commedia. - Ah, fanno gola, eh, le mie pere burrone? - grida il povero villano correndo rosso e affannato e ansimante dietro i due che ha scoperti proprio con le mani sul fatto. - Scusi, scusi! É lei il padrone? - balbetta, cercando di ammansirlo, il simpatico Pacifico ... (perchè è proprio lui). Pacifico che se l'è visto sbucare dalle profondità di un fossato mentre, lui e Lunatico, sicuri di esser soli, si erano arrampicati a cogliere pere e a mangiarne quante più potevano. Se Pacifico, che ha quelle gambette corte e quel pancino ingombrante, corre veloce come un razzo, figurarsi Lunatico che è secco allampanato e ha gambe da superare Giraffa. Vanno come razzi. Ma una simile velocità giova e non giova col Capocchi, il quale è uscito dal podere e non si stanca di inseguirli anche per le balze del monte.
- Ora ve le faccio metter fogo! - urla come matto, mentre Pacifico continua a voltarsi ogni poco indietro, non si sa se per calmare con gesti bonari l'energumeno o se per calcolare la distanza che corre tra il Capocchi e loro. - Vi devono tornare in gola boccone per boccone! - Siamo gente per bene, credetelo! - urla, con una vocetta disperata, il girovago vedendo l'altro sempre più vicino. - Ladri matricolati, invece! Eppure ci deve essere qualche santo che prega anche per chi si approfitta delle pere che non son sue, spinto dalla fame con cui mal si ragiona. Fatto sta che il Capocchi mise un piede scalzo sopra un sasso aguzzo, senti dolore, barcollò, perse l'equilibrio, cadde a braccia aperte e a viso all'ingiù sul terreno. Si rialzò quasi subito, ma intanto la distanza tra lui e gl' inseguiti era notevolmente aumentata, e poichè quelli, ripresa lena per l'incidente, correvano adesso come daini, il povero capoccia pensò meglio di rinunziare all'inseguimento, contentandosi di continuare a sfogarsi lanciando improperi. Gli altri però, non perfettamente rassicurati sulle intenzioni del colono, seguitavano a precipitare giù sulle prode sassose, a balzelloni, a scivoloni, mentre la chitarra di Pacifico sbatteva sui fianchi di quest'ultimo con ritmo veloce e sincopato, e le falde di Lunatico sventolavano l'aria come bandierine. Che respiro di sollievo devono dare i due girovaghi quando, superata finalmente la zona scoperta, giungono alle pendici del Romito e possono internarsi nei frutteti dove sarà agevole far perdere le tracce! [ ….. ]
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