L’INVENTORE DEI CORIANDOLI
di Aristide SELMI
( da “ LA DOMENICA DEL CORRIERE ” – 11 dicembre 1966, n° 50 )
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Nonostante tutti conoscessero molto bene l'incredibile numero dei suoi anni, l'ingegner Ettore Fenderl aveva il vezzo di voler apparire più giovane della sua età (vezzo che resisteva anche negli ultimi tempi, quando l'ingegnere viveva praticamente rinchiuso nella sua casa all'estrema periferia di Vittorio Veneto spesso costretto a ricevere stando a letto).
Era una debolezza alla quale, al di sopra della moltitudine di interessi che aveva affollato e affollava la sua vita, non sapeva sottrarsi. E per questo, prima di ammettere l'ospite alla sua presenza, dava un gran daffare alle due donne di casa, la governante e la cuoca, che correvano avanti e indietro, pungolate dalla sua voce autoritaria, a rassettargli il letto, ad aggiustargli la giacca da camera, a tenergli lo specchio. Lui, tranquillo, pettine e forbici alla mano, dava l'ultimo tocco alla barba e ai baffi bianchissimi. Soltanto quando lo specchio gli rimandava un'immagine di suo gradimento, dava il via all'ospite.
Poi parlava sempre lui. Parlava senza stancarsi, ora agitando i pugni minaccioso, ora sorridendo; ora mostrando fasci di carte e di documenti, ora citando nomi ed episodi che ormai resistevano soltanto nei libri di storia o nella sua memoria. « L'avete visto il monumento? - concludeva sempre, implacabile. - Andate, andate a vederlo. Là c'è tutto, dall'a alla zeta ». Sì, il monumento l'avevamo visto. Lo conoscevano tutti a Vittorio Veneto: in un angolo del cimitero di Sant'Andrea, all'ombra del monte Altare, progettato e realizzato da lui medesimo, una complicata costruzione di marmo bianco col «qui giace» scritto in caratteri di bronzo. V'era in sintesi tutta la sua vita, tutta la sua opera. Mancava soltanto l'ultima data.
Ettore Fenderl, si era laureato giovanissimo in ingegneria al Politecnico di Milano, ma preferiva qualificarsi inventore. Non sono pochi gli studi e i progetti che portano la sua firma: tra l'altro, il piano regolatore di Vienna (dove visse a lungo), studi sugli impianti ad acetilene, studi sulle applicazioni terapeutiche ed ottiche del radio. (Fu, anzi, proprio lui ad introdurre per la prima volta in Italia una piccola quantità di quel prezioso elemento, che consentì poi ad Enrico Fermi di condurre i primi esperimenti sulla radioattività.)
Ma era soprattutto orgoglioso delle sue invenzioni. E di una in particolare, di cui era deciso a difendere a tutti i costi la paternità: i «coriandoli», quei pezzetti di carta colorata che le maschere si gettano vicendevolmente a carnevale. Per questa «invenzione» era universalmente conosciuto, e i ragazzi e le ragazze di Vittorio Veneto gli facevano visita spesso, e molta gente gli scriveva da ogni parte del mondo.
Aveva quattordici anni (1876), era carnevale e lui se ne stava affacciato alla finestra della sua casa di Trieste a guardare la gente che si rincorreva in mezzo alla strada, lanciandosi palline di cotone e confetti, come voleva la consuetudine. Avrebbe voluto andare là in mezzo anche lui, partecipare a quella allegria collettiva. Ma non aveva i denari per comprare palline e confetti. Allora fece ricorso alla fantasia. Raccolse un po' di carta colorata e la sminuzzò in piccolissime farfalline. Ne riempì uno scatolone e si diede a lanciare manciate di arcobaleno tra i capelli delle «mule». «Perché mi piacevano le belle ragazze, sa?» e giù, sopra i baffi, una strizzata d'occhio. Da quel momento tutta Vienna, poi tutta l'Europa, poi tutto il mondo si diede a sminuzzare carta e a lanciarsela addosso in segno di allegria. Adesso l'ingegner Ettore Fenderl, inventore, è morto. Ha preso dimora in quel suo sarcofago che lo aspettava da una vita intera, da quasi quarant'anni. Lui ne aveva centoquattro.
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