« LA TRACE » NON È MAI LO STESSO UOMO QUELLO CHE PARTE E QUELLO CHE ARRIVA
Un film di Bernard FAVRE
Con Richard Berry, Robin Ranucci, Bérangère Chemineau Scritto da Bertrand Tavernier e Bernard Favre Musiche di Nicola Piovani e Marc Perrone
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“La Trace – La Traccia” è un film nel senso tradizionale. È una storia con colpi di scena. Fino all’ultimo, inatteso, ma “quasi” banale. Ma solo “quasi”, soprattutto per chi vede “La Trace” oggi, alla vigilia dl 2010: e poi dirò il perché.
“La Trace” (1984) è la storia di un colporteur, come in Francia venivano nominati i venditori ambulanti (ma anche merciers, gagne-petit, porte balle, ambulant, truqueur, margoulin, bisoard, coesme).
Il racconto di Favre e Tavernier è un piccolo capolavoro storico – etnografico. Risultato di una ricerca attenta degli itinerari, dei paesaggi, dei luoghi esterni e interni, ai dettagli di arredamenti e costumi.
Ci sono sequenze particolarmente significative:il saluto con mano timorosa sul ventre della moglie incinta, la corsa della bimba a salutarlo ancora, la perdita del mulo e del bagaglio, l’incitamento al compagno che rischia il congelamento, l’azione salvifica del canto e del suono della fisarmonica, l’incontro col bambino al quale insegna la “Chanson de ramoneur”, lo scambio di cibo col compagno venditore di immagini sacre, l’incontro con la fabbrica-mostro …
“La Trace” è un film anche didatticamente utile. “La Trace” è anche un’operina che fa bene al cuore.
Joseph è un po’ contadino e molto pastore, ha pecore e vacche, e fa burro e formaggio. Vive in un paesino dell’Alta Savoia. Ha due figli bambini e una moglie incinta. Si vogliono bene e hanno fame. Per questo fa un lavoro stagionale che renderà viva la stagione morta: dall’autunno a primavera Joseph parte col mulo, e vende merci oltre il confine: nel Piemonte e Valle d’Aosta dei Savoia, nella Svizzera, nella Lombardia degli Austriaci. A piedi, per 5 mesi. Parte nel 1859 e tornerà, se tornerà, nel 1860. Chi rimane a casa può solo scegliere di attendere.
La vita itinerante di Joseph è fatta di solitudini, incontri all’insegna di sospetti e diffidenze, ma anche di solidarietà e cameratismo. Scambi orali di informazioni e trasformazioni in narrazioni. Joseph è intraprendente, e ricorre con audacia all’inventiva ciarlatanesca per togliersi dagli impicci.
Joseph è “modestamente eroe”: il desiderio di sopravvivere per sé e la famigliola (compreso il bimbo che verrà, ma è come se chiedesse già cibo), gli fanno trovare volontà di resistenza fisica anche quando questa è sovrumana, e la forza di superare le leggi di Dio se la questione è di vita o di morte.
Farà incontri con cercatori d’oro, col pellegrino farneticante che vuole raggiungere il Tibet, con compagni colporteurs.
Il colportage rispondeva a tutte le esigenze dell’uomo: quelle del corpo (stoffe, nastri, bottoni e aghi e filo, pizzi, cipria, collanine e orecchini, spille, specchi, calze, fazzoletti di seta, ma anche coltelli, terraglie, setacci, cesti di vimini), quelle della mente (libri di consigli sanitari e agricoli, romanzetti sentimentali, fogli d’attualità, almanacchi, canzoni, immagini, inchiostro e penne), e pure quelle dell’anima (rosari, vangeli, crocifissi, medaglie votive, immaginette, e niente di meno che confessionale e altarino con tanto di prete itinerante: vero colporteur di Dio!). Comunque tutte merci a buon mercato.
Durante il breve sodalizio col compagno di strada venditore di fisarmoniche, imparerà a suonare, e utilizzerà canto, suono, imbonimento, per costruire piccoli treppi nei piccoli villaggi, e vendere al meglio la propria mercanzia: stoffe, manufatti, collanine, orecchini. Sono piccoli “spettacoli di novità”: occasioni per incontrare l’Altro, che viene da Altrove, e porta Altro: mode, notizie, musiche, canzoni. E anche sguardi stranieri di ammirazione, e qualche carezza, complice la festa in maschera di fine carnevale, durante il rito della bruciatura della Vecchia sull’aia. Joseph, che lavora duramente per i suoi bambini, dà finalmente un po’ di nutrimento al bambino che è in lui.
Fra colporteurs e clientela si stabilivano relazioni umane che rendevano efficiente una rete informativa fra gli itineranti e le loro famiglie: la voce correva dagli uni agli altri, fra chi arrivava e chi ritornava, e i luoghi di sosta e i clienti diventavano depositi e smistamento di notizie buone o cattive, testimonianze di sentimenti e attese trepide. E così Joseph saprà della nascita felice del terzo figlio: di nuovo una femminuccia.
Joseph farà anche incontri di paura: con la malattia (ma è Natale e trova una Sacra Famiglia accogliente), con zuavi disertori, e con soldati austriaci anch’essi disertori ma soprattutto rapinatori.
Già, perché la vicenda si svolge durante la seconda Guerra d’Indipendenza del 1859. Si combatterono le battaglie a Palestro, Melegnano, Solferino e Magenta. Joseph ne sentì parlare durante il viaggio: il perché della guerra non lo sapeva, ma tutti parlavano di sangue, molto sangue. E poi ancora gliene aveva parlato un giovane parente incontrato a Milano, uno che lavorava in fabbrica, un “anarchico” (chissà cosa significava ?), ma Joseph gli aveva detto della sua scoperta, della fisarmonica. Ma non era certo che l’altro avesse capito.
Gli effetti della guerra costituiscono il colpo di scena finale, al quale accennavo all’inizio. È primavera, Joseph è sulla via del ritorno. Giunto al valico alpino il suo andare è interrotto. Eventi internazionali interferiscono nelle piccole vite dei piccoli uomini.
Il cammino di Joseph incontra le sbarre colorate della dogana, vigilate da militi rabbiosi. Il Trattato di Torino del 24 marzo 1860, ha sancito l’annessione della Contea di Nizza e della Savoia alla Francia. Si chiese il parere delle popolazioni interessate: i voti favorevoli all’annessione furono 130.533, i contrari 235.
Molti alla domanda: “Voi, siete francese?”. Rispondono, ancora oggi: “Sono Savoiardo”.
Nel 2010 se ne festeggia il 150° anniversario. Su questo tema si svolgerà a Les Gets (Alta Savoia) il biennale Festival Internazionale della Musica Meccanica.
“La Trace” è distribuito da: “Little Bear” 7 / 9 rue Arthur Groussier 75010, Paris Tel. 00 33 (0) 142 38 06 55 Email: lb@littlebear.fr
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