I MEDICI DI MOLIERE

 

di Felice LAFRANCESCHINA

 

( da “Ciarlatani di sempre” – NEOS EDIZIONI - 2010 )

 

 

 

 

Qualche anno prima di inaugurare il Pont-Neuf, sbarca a Parigi il grande bolognois touchant la medicine, Leonardo Fioravanti. I suoi "caprices sont plusieurs et diverses medicines nouvelles de grande efficace". Il successo è talmente grande che le ristampe si susseguono. Quanti medici ciarlatani e quanti ciarlatani che si spacciano per medici ricorrono ai consigli del bolognese, chiedono notizie dei suoi medicamenti, delle loro proprietà!

 

 

 

 

L'eco del suo thesaurus farmaceutico con il campionario delle sue specialità arriva sulla piazza, nella grande confusione che si genera sulle piazze vicino al Pont-Neuf, a riprova del fatto che la medicina del Fioravanti rappresenterà qualcosa di rivoluzionario nel panorama della medicina francese. Fra tutto quel manicomio, fra medici che fanno i ciarlatani, ciarlatani che fanno i saltimbanchi o i capocomici e i continui scambi di ruoli, il giovane Jean Baptiste Poqueline scopre grazie a quella congerie di personaggi la passione per il teatro e a loro si ispirerà per creare le celebri commedie che firmerà con il suo nome d'arte: Molière.

Jean Baptiste, ancora ragazzo, assiste con suo nonno materno anche agli spettacoli dei grandi commedianti, molti di origine italiana, allestiti nel vicino Hôtel de Bourgogne.

 

Infatti, non lontano da Place Dauphine sorge l'Hôtel de Bourgogne, una sala di teatro, i cui proprietari hanno il monopolio degli spettacoli a Parigi. Alla metà del XVI secolo nel quartiere delle Halles è in vendita il terreno sul quale sorgeva la residenza del Duca di Borgogna. È una zona malfamata e mal frequentata, clochards e senza fissa dimora si aggirano fra le vecchie rovine. La Confraternita della Passione acquista un lotto di circa mille metri quadrati e subito fa costruire una sala di teatro sul modello degli ampi spazi per i giochi della pallacorda, un gioco del XII secolo che anticipa il tennis, e le danno l'appellativo di Hôtel de Bourgogne. Sarà inaugurata il 1548 ed avrà ben 235 anni di vita. Senz'altro un record di longevità per la Francia e per il mondo.

 

 

 

 

Nello scenografico intervento di Toinette, la giovane serva che si spaccia per un medico itinerante, novant'anni portati bene, o del servo Sganarello che, chiamato al consulto di una paziente, ne beve con gusto l'urina, c'è tutta l'eco dei ciarlatani che Molière ha modo di incontrare nei pressi del Pont-Neuf.

 

Nell'Amour mèdicin c'è quel venditore di orvietano, ai cui spettacoli di certo ha assistito qualche anno prima sulla piazza:

 

L 'or che ogni terra che circonda il mare

il gran segreto potrà mai pagare?

Il mio rimedio salva, senza inganno,

da tutti i mali che può dare un anno:

la scabbia, la rogna, la tigna, la febbre, la peste, la gotta, la lue, emierie, rosolie.

Farmaco sovrano

è l'orvietano!

 

Per imbonire i clienti viene messo in scena nelle piazze uno spettacolo che unisce la magia, la cialtroneria e le tecniche della Commedia dell' Arte (un'avanzata tecnica delle televendite). I comici, durante le loro esibizioni sul Pont-Neuf, affascinano niente di meno che il giovane Jean Baptiste, che qui ha modo di trovare materia prima per le proprie commedie. Per questa ragione si dice che qui ha origine il teatro comico francese. Dirà Bulgakov:

«Rimbomba, Pont-Neuf! Nel tuo frastuono, lo sento, sta per nascere da padre-ciarlatano e da madre-attrice la commedia francese: grida con voce stridula e il suo rozzo volto s'imbianca di farina».

 

 

         

 

 

Il suo teatro non è uno spasso o un divertimento fine a se stesso, quanto piuttosto è inteso come specchio della realtà umana. Molière attacca i ciarlatani della medicina, prendendo a modello quelli che ha avuto modo di incontrare sul Pont-Neuf come Mondor o Grand Thomas, e propone una satira feroce sulla medicina: trasforma la licentia legendi, interpretandi e faciendi di medicinam in poissantia medicandi, purgandi, saignandi, perçandi, taillandi, coupendi et occidenti, in altre parole nella "facoltà di medicare, purgare, salassare, bucare, tagliare, amputare e uccidere".

 

In più di una commedia Molière si prende burla dell'asinità dottorale, non diversamente dall'atteggiamento censorio del medico del Cinquecento Fioravanti, quando racconta di un medico che si trova a visitare una paziente alla presenza di un altro medico. Si rivolge alla paziente:«Se state male la colpa è vostra che non volete guarire, voi avete fatto disordine, perché ieri sera avete mangiato delle mele».

E l'altro medico:«Caro collega come fate a sapere che l'infermo ha mangiato mele?».

«Sappiate che quando mangiano qualche frutto di notte, spesso cade a terra qualcosa, che poi in tutta fretta buttano sotto il letto. Alla mattina, prima di visitare un paziente bisogna sempre guardare sotto il letto e se si trova una mela masticata o qualcos'altro senz'altro il malato ha fatto disordine».

La lezione funziona: l'altro medico è convinto di aver ben appreso il consiglio e così quando si trova a visitare un ortolano, per prima cosa va a guardare sotto il letto. Vede  la pelle di un asino scorticato e subito sentenzia:

«Voi non potete guarire, perché siete molto disordinato».

«Mi stupisco, perché sono molto regolato nel mangiare, sto attento a quanto può farmi male».

«Voi avete mangiato un asino».

«Mi sa che asino sarete voi, potete anche andarvene».

 

 

   

 

 

Quest'aneddoto ci dice quanto smisurata sia la sapienza di certi medici.

Dalla immaginazione del grande commediografo francese escono medici ciarlatani con caratteri e costumi nitidi e indimenticabili. L'abito non fa il medico (Sganarello acquista l'abito di un vecchio medico che l'ha lasciato al banco dei pegni): il grande commediografo non attacca la medicina e il progresso scientifico, ma i ciarlatani e la falsa medicina, vista come una delle più colossali follie che ci sia fra gli uomini. Così tutta la sua opera è tesa ad attaccare, ridicolizzandoli, questi impostori, a cominciare dal Matrimonio forzato, al Medico per forza, al Medico volante, fino alle grandi commedie del Dom Juan, Il Misantropo e Il malato immaginario.

 

Già prima di Molière, il confine fra medici, ciarlatani e saltimbanchi è sempre meno netto: al punto che i medici si confondono spesso e volentieri con gli imbonitori di piazza. Questi personaggi sono al centro di farse, come Il mercante di merda di Merlin Coccain, che impreca contro il proprio farmacista:

«...se potessi avere fra le mani questo insolente, questo sfacciato che mi ha venduto la merda al posto del miele, gliela farei vedere io! lo non mi lamento per la mascalzonata che mi ha fatto, quanto per il fatto che tutti mi prenderanno in giro».

 

Nel Riccardo II di Shakespeare, quando la contessa chiede se il re è in via guarigione, Lafeu risponde:

«Or ora ha congedato i suoi medici. Sotto la loro direzione ha trascorso il tempo in prove ed esperimenti senza ricevere altro vantaggio che perdere con il tempo anche ogni speranza».

 

Nel Volpone di Ben Jonson, il protagonista si esprime con una sfrontatezza ed una padronanza del ruolo che poco hanno da invidiare alla Toinette di Molière:

«In quest'olio ci sono cento differenti piante, indipendentemente da una certa quantità di grasso umano, che è indispensabile per amalgamare e che noi acquistiamo direttamente dagli anatomisti. Ma poi quando questi praticoni arrivano all’ultima decozion, puf! puf!, tutto se ne va in fumo. Ah!, Ah! Poveri diavoli!  Io provo compassione più per la loro follia che per la perdita di denaro, perché a questa perdita si può ovviare con l'intraprendenza, ma essere buffone dalla nascita, è una malattia incurabile».

 

Chi ha letto o vorrà leggere le opere del drammaturgo inglese ed eminente rappresentante del teatro elisabettiano, senz'altro ha riconosciuto, anche se comprensibilmente in una cornice secentesca, alcuni ciarlatani che quotidianamente si affacciano dagli schermi televisivi.

 

E prima di abbandonare il XVII secolo e lasciare la scena al grande commediografo francese, recuperiamo da una favoletta di La Fontaine la discussione fra due ciarlatani al capezzale di un moribondo: il medico Tanto-peggio va a visitare un malato che è già stato visitato dal medico Tanto-meglio. Quest'ultimo spera che per l'intervento del suo valente collega il paziente quanto prima possa raggiungere i suoi antenati. Così mentre i due si trovano in contrasto per la cura da consigliare, il malato rende il tributo alla natura, muore. «È morto, io l'avevo previsto». E l'altro: «Se mi avesse creduto egli sarebbe in piena salute».

 

Questi sono i medici al centro delle farse che Molière senz'altro conosce. È convinto come il grande Leonardo Fioravanti che "sono più quelli che muoiono per causa del medico e delle operazioni, che per causa della infermità". Egli è consapevole che i malati sono strani, sono dei creduloni, unicamente preoccupati dei loro malanni, disposti a credere a tutte le diagnosi dei loro medici, senza preoccuparsi minimamente della loro professionalità, basta un vestito e un bonnet, arrivano al punto di procurarsi delle malattie immaginarie pur di vedere al proprio capezzale fior di medici, ciarlatani, avidi ed ignoranti, la stessa categoria di impostori presente nella satira del XV e XVI secolo.

 

Argan, il personaggio principale del Malato immaginario, si compiace a sapersi ammalato e si circonda di medici e farmacisti per essere curato. Toinette, la giovane serva, che si spaccia per un giovane medico ottuagenario itinerante, si avventura in un gustoso consulto:

«Chi è il vostro medico?».

«ll professor Purgon».

«Purgon? Non figura nei miei elenchi: non è fra i grandi medici. Cosa dice Purgon a proposito del vostro male?».

«ll fegato, dice lui. Altri sostengono che è la milza».

«Ignoranti, lui e gli altri. È di polmoni, che voi soffrite».

«Di polmoni?».

«Sissignore. Che disturbi accusate?».

«Di quando in quando ho dei dolori di testa».

«Per l'appunto, i polmoni».

«A volte mi sembra di avere un velo dinanzi agli occhi».

«I polmoni».

«ll cuore fa come dei salti, certe volte».

«I polmoni».

«Altre volte mi prende una stanchezza tremenda in tutte le parti del corpo».

«Sono i polmoni».

«E poi, quante volte mi vengono delle fitte alla pancia come se fossero delle coliche».

«Polmoni, polmoni. Mangiate con appetito?».

«Sì, mi piace mangiare, dottore».

«I polmoni lo fanno spessissimo. Bevete un po' di vino?».

«Sì, adoro il vino».

«È proprio lui, il polmone. E non vi viene una certa sonnolenza, dopo i pasti, e voi vorreste farvi una dormita?».

«Sì, signore, proprio così».

«I polmoni, ve lo dico io, i polmoni. Che dieta vi ha prescritto il dottor Purgon?».

«Passati di verdura».

«Ignorante!».

«Gallina».

«Ignorante!».

«Della vitella».

«Ignorante!».

«Brodo».

«Ignorante!» .

«Uova fresche».

«Ignorante!».

«E la sera, prugne cotte per agevolare la funzione intestinale».

«Ignorante!» .

«E soprattutto, allungare il vino con molta acqua».

«Ignorantus, ignoranta, ignorantum. Mai annacquare il vino, anzi, se avete bisogno di rifondervi il sangue perchè siete anemico, bisogna mangiare bistecche di manzo in abbondanza, maiale a volontà, formaggi grassi olandesi,polenta, riso e chiudete con castagne e cialdoni alla panna per agglutinare. Il vostro medico è un somaro. Ve ne manderò uno io. Quando passerò da questa città verrò a trovarvi io personalmente».

 

Già quando mette in scena Il medico volante, Molière ci propone il servo Sganarello che, chiamato al capezzale di Lucile, nel corso del consulto ne beve l'urina:

«I medici, di solito, si accontentano di guardarla, ma io, che sono un medico fuori del comune, la bevo perché con il gusto individuo meglio la causa e le cure della malattia».

A dir la verità ce n'è poca per dare un buon consiglio, invita la cugina, complice, a potenziare la produzione liquida:

«Fatela urinare abbondantemente, dico abbondantemente. Se tutti i malati urinano in questo modo, senz'altro rischio di fare il medico a vita».

E la cugina, affacciandosi alla finestra e riempiendo un orinale di vino bianco: «Forza, Lucile, spingiamo, spingiamo! E voilà, l'ammalata non può fare di più».

La trovata teatrale di sostituire l'urina con il vino bianco ha dei precedenti nel rituale esame delle urine, un gioco molto diffuso per burlarsi dei colleghi, quando qualcuno, paziente e parente del malato, si vuol divertire alle spalle di qualche cattedratico. C'è chi racconta dello scherzo tiratogli da alcuni allievi, quando sottopongono al maestro un orinale che dovrebbe contenere piscio di un ammalato. Il luminare, anche se è convinto che «alli segni dell'urina e del polso non debbano far fondamento alcuno…… dopo aver infuso dentro un dito e messo alla lingua, lo trova che è aceto perfettissimo». Da gran medico d'urina scopre la gabbaria ma trattiene i due scolari, dando loro «infiniti bei secreti di medicina, cirugia e di orina per burlare il più grande medico di Roma».

Ritornando a Sganarello, questi rivolto al padre della ragazza:

«E come mai? Signor Gorgibus, vostra figlia non piscia con gusto? Vuol dire che vostra figlia è una povera pisseuse; è giunto il momento di prescriverle un decotto per urinare!».

 

Il 24 ottobre del 1658 Molière rappresenta davanti a Luigi XIV l' Amour médicin; il sovrano si diverte a tal punto da concedere al commediografo l'uso, a giorni alterni con le compagnie napoletane del tempo, della sala del Petit-Bourbon. Con l'Amour médicin, commedia-balletto, Molière inizia la guerra a tutto campo contro la ciarlataneria dei medici: la figlia di Sganarello è malata e nessun medico è in grado di guarirla. I veri medici fanno tutti professione della loro immensa incompetenza:

«Signore, noi abbiamo ben riflettuto sulla malattia di vostra figlia. A mio parere questa deriva da un gran calore di sangue, al punto che consiglio un salasso da effettuarsi al più presto» .

«lo invece dico che la sua malattia è una putrefazione di umori, causata da una grande... al punto che io consiglio di darle dell' . .. . ..».

«lo sostengo che l'ucciderà».

«E io dico che il salasso la farà morire».

«Certo che a voi piace fare l'uomo esperto, diciamo furbo».

«Ed io vi presterò il colletto in ogni genere di erudizione».

«E voi ricordatevi dell'uomo che alcuni giorni fa avete fatto morire».

«Non vi ricordate della donna che due giorni or sono avete mandato all'altro mondo».

«lo vi ho detto il mio punto di vista».

«Ed io vi ho detto il mio pensiero».

«Se non fate salassare subito vostra figlia, potete ritenerla morta», e il primo medico del consulto va via.

«Se la farete salassare, ella non rimarrà in vita più di un quarto d'ora», se ne va anche il secondo.

 

E non finisce qui: nel Dom Juan troviamo Sganarello, provvisoriamente nei panni di un medico, che dà al commediografo la possibilità di continuare nella sua denuncia: «E voilà, è proprio vero che io non so dove hai scovato questo abbigliamento così ridicolo».

«È l'abito di un vecchio medico che l'ha lasciato in pegno dove io l'ho preso; mi è costato un bel po' di soldi per averlo. Ma dovete sapere, mio caro, che questo abbigliamento mi dà già una certa importanza, tutti mi salutano e mi vengono a consultare come un medico di buon esperienza».

«Come, dunque?».

«Cinque o sei contadini mi hanno visto passare e sono venuti a chiedermi sulle loro differenti malattie».

«E tu gli hai risposto che non sei un medico e non capisci di malattie?».

«Per niente, mio caro. Sono stato costretto a sostenere l'onore del mio abito: ho parlato del più e del meno dei loro malanni e poi ho prescritto delle cure».

«E cosa hai ordinato loro?».

«Ma voilà, io mi sono attaccato dove ho potuto, ho fatto delle prescrizioni a caso. Queste ricette, o per il caso o perché il paziente è destinato a guarire grazie a madre natura, raggiungono il loro scopo al punto da destare la fiducia della gente. Sarebbe proprio una bella cosa se qualche malato riuscisse a guarire e mi venisse a ringraziare».

«E perché tu non dovresti avere gli stessi privilegi di cui godono gli altri medici? Questi certamente non si preoccupano più di te dei loro pazienti. La loro arte è semplice finzione. Non fanno altro che ricevere la gloria per i successi riportati e tu puoi approfittare, al pari di loro, della felicità del malato, veder attribuire ai tuoi rimedi ogni cosa che viene dal caso e dalle forze della natura».

«E come, signore, voi siete così spietato in medicina?».

«È uno dei grandi errori che c'è fra gli uomini».

«Perché? Voi non credete alla medicina, né alla cassia nè al vino emetico?».

«E perché vorreste che io non creda?».

«Voi siete un buon miscredente. È da molto tempo che il vino emetico fa muovere gli arti. I suoi miracoli hanno fatto ricredere gli spiriti più increduli. Sono appena tre settimane che io ho visto, proprio io che vi sto parlando, un effetto meraviglioso».

«Di chi parlate?».

«C'era un uomo che da sei giorni era in agonia, non si sapeva più cosa ordinargli, e tutti i rimedi non facevano effetto. Alla fine si decise di dargli l'emetico».

«Allora si riprese?».

«No, morì ».«L'effetto è sbalorditivo».

«Pensate un po', quel poveretto aveva avuto sei giorni per morire e questo lo fece morire in un baleno. Avete mai visto qualcosa di più efficace?».

«Hai proprio ragione».

 

E per finire, sempre Sganarello nel Médicin malgré lui, consultato sulla perdita della parola della giovane Lucinde, risponde che la malattia è provocata da certi umori, che noi altri uomini di scienza chiamiamo umori peccanti; peccanti, sta per umori….. peccanti, e aggiunge: «Questi vapori, di cui sto parlando, passeranno dal lato sinistro, dove si trova il fegato, alla parte destra, dove c'è il cuore, il polmone che noi in latino chiamiamo amyan, che entra in comunicazione con il cervello, che noi chiamiamo in greco nasmus, attraverso la vena cava, che sempre noi saggi chiamiamo in ebraico cubile, incontra nel suo cammino i menzionati vapori che riempiono i ventricoli della scapola e perché questi menzionati vapori……., vi prego di seguire bene questo ragionamento, perché questi vapori hanno una certa malignità; ascoltatemi bene, io vi prego».

«Sì, dite».

«Hanno una certa malignità che è causata.. ...fate attenzione, per piacere».

«Sono attento».

«Questa è causata dall' agrezza degli umori generati nella concavità del diaframma, succede che i vapori……. Ossabandus nequeis, nequer, potarinum quipsa milus. Ecco da dove arriva il mutismo di vostra figlia!».

 

Viene da chiedersi, usando le stesse parole del commediografo francese: «Ma che ne sa Molière, di cosa s'impiccia? Ora si mette lui a criticare i medici! Ma va', è un cialtrone, un pagliaccio con le sue trovate sui maestri della scienza medica e sui loro rimedi».

 

I ciarlatani della medicina sono al centro delle commedie di Molière. I medici sono presentati come dei piccoli uomini più attaccati al rituale che alla salute dei loro malati.

 

Quando Argan si presenta per sostenere l'esame per la professione medica, i maestri l'interrogano, a turno, in latino:

«Come curare l'idropsia?».

«Clystérium donare, postea saignare, ensuita purgare».

«Bene, bene».

 

Un secondo professore: «Un malato si lamenta per un forte mal di testa, febbre alta, dolori addominali. Che fareste?».

«Clystérium donare, postea saignare, ensuita purgare».

«Bene, bene».

«Bene, bene».

 

Un professore più astuto cerca di prendere l'esaminando in fallo: «Se, nonostante tutto questo il dolore non va via?».

«Clystérium donare, postea saignare, ensuita purgare. Ensuita, resaignare et repurgare».

«Bene, bene».

 

Gli stessi medici che amano purganti, salassi e clisteri, arrivano a prescrivere gli "specifici", i cui benefici non vanno al di là dell'effetto placebo.

 

 

 

 

 

 

La medicina è considerata ancora come una magia: basta che Purgon adombri lo spettro della morte e Argan si sente perduto! Non tutti i medici sono presentati come ciarlatani, ci sono anche quelli che credono ai rimedi. Purgon è un medico tutto intero, dalla testa ai piedi, crede ai principi più che alle dimostrazioni matematiche, non vede niente di oscuro nella medicina. "Gigantesco e ridicolo", il medico dipinto da Molière, protende, secondo lo storico Jacques Roger, la sua ombra su tutta la medicina del XVII secolo. Non si può dargli una colpa per quanto potrà fare al suo paziente: è nella più candida buona fede che avrà spedito Argan all' altro mondo!