MICHAËL CANE DA CIRCO

 

di Jack LONDON

 

( BIETTI EDITORE )

 

 

 

 

Michaël era un terrier irlandese dal pelo liscio e dalle orecchie piatte, di proprietà del capitano Kellar, comandante della nave Eugenia, adibita al trasporto dei negri assoldati per lavorare nei campi. (.....)

 

(…..) Kwaque poi possedeva uno strano e primitivo strumento musicale mercè il quale, quando era stanco del piccolo mondo della nave e del proprio asservimento allo steward, gli era concesso di trasportarsi nella sua isola nativa. Gli bastava di afferrare tra i denti l'estremità dello strumento per tenerlo diritto e graffiarne le corde con le dita, per trarne fuori suoni bizzarri e malinconici.

Mentre Kwaque si sentiva allora trasportato attraverso il tempo e lo spazio, Michaël ne accompagnava la musica col canto, una specie di urlio dolce, simile a quello che il fratello Jerry emetteva in simili occasioni. Non urlava così per volontà propria, ma i suoni musicali reagivano sulle sue molecole chimiche come una reazione di elementi messi a contatto l'uno dell'altro nel crogiuolo di un laboratorio.

 

Il negro sapeva che la voce del cane non doveva risuonare nella cabina ed essere sentita al di fuori perciò, nell'impossibilità di far tacere Michael, era ridotto ad andare in cerca della sua melodica consolazione nel calore soffocante delle griglie di aerazione, al di sopra delle caldaie della nave; lì, nessuno veniva a disturbarlo. (.....)

 

 

                   

 

 

(…..) Michaël entrò nell'arena, seguito dai tre orsi. L'arena formava una circonferenza ricoperta di segatura dentro l'edificio quadrato coperto a vetri ed era simile a quella di un circo normale. Ma tutto intorno non vi erano nè gradinate, nè sedili, poichè nessuno spettatore veniva mai ammesso ad assistere alle torture con le quali si insegnavano alle bestie i sorprendenti esercizi che farebbero poi estasiare o rallegrare il pubblico. Lì dentro non penetravano che Harry Collins con i suoi aiutanti ed altre persone del mestiere, compratori o venditori di animali ammaestrati.

 

 

 

 

Michaël dimenticò rapidamente gli orsi, che si misero al lavoro dalla parte opposta a quella in cui si trovava. La sua attenzione fu attirata per un istante da alcuni grandi e solidi barilotti, dipinti a colori vistosi e capaci di reggere il peso di un elefante che vi sedesse, e che degli inservienti stavano facendo ruzzolare fuori dell'arena. Ma i suoi occhi si fissarono subito sopra un pony pomellato delle Shetland, disteso sul suolo e solidamente legato, che di tanto in tanto alzava il muso verso un uomo seduto sopra di lui, come per dargli un bacio.

Fu tutto quanto potè vedere Michaël, ma ciò valse ad impressionarlo malamente, senza capire esattamente perchè; ciò che lui non vedeva era la lunga spilla che l'uomo teneva in mano e con la quale pungeva il pettorale del cavallino: ad ogni colpo di spilla, questi, spinto dal dolore, alzava il muso con movimento riflesso verso il suo carnefice. Questi era pronto ad avanzare le labbra presso il muso del pony, cosa destinata a dare al pubblico l'impressione che la bestia esprimesse il suo affetto baciando il padrone.

 

Lì vicino, un altro cavallino della stessa razza, ma tutto nero, si comportava in modo non meno strano. A ciascuna delle sue zampe anteriori era attaccata una corda ed ogni corda era tenuta da un aiutante che la tirava con forza, mentre un terzo, piazzato di fronte alla bestia, batteva con un frustino le ginocchia del pony. Il risultato voluto era di far cadere il pony in ginocchio sulla segatura e dare così l'impressione che facesse la riverenza all'uomo che teneva il frustino. Giochetto che non sembrava piacere all'animale, che ogni tanto tentava di ribellarsi, dando colpi di testa a destra ed a sinistra ed irrigidendo le zampe per resistere alla trazione delle corde. Ne risultava che, siccome gli uomini delle corde non mollavano, spesso esso cadeva di fianco nella segatura; ma il frustino di canna d'India veniva sempre a rimetterlo nella posizione desiderata. Vedere un cavallo che, nel circo, si inginocchia al comando del padrone, è uno degli esercizi che più manda in solluchero il pubblico; ma chi pensa in quel momento con quali mezzi crudeli si sia potuto ottenere quel movimento anormale? (.....)

 

 

 

 

(…..) Altro spettacolo al quale Michaël assistette, senza rendersi esattamente conto dell'accaduto, fu quello dell'ammaestramento della mula, alla quale venne insegnato a fare capriole mediante l'aiuto di una sella munita internamente di punte.

La mula prescelta era una bestia ben pasciuta e di ottimo carattere, almeno il primo giorno che fece la sua comparsa nell'arena. Aveva trascorso fino allora vita felice presso una famiglia che l'aveva comprata per far divertire i suoi numerosi bambini, che la cavalcavano o le si arrampicavano sul dorso. Collins adocchiò la bestia dalle lunghe orecchie, per sua disgrazia, ed approfittò di una circostanza favorevole per acquistarla.

La prima volta che la mula, ribattezzata per Barney Barnato, si vide imporre sul dorso le sella da lavoro, non sospettava minimamente ciò che l'aspettasse; ma quando Samuele Bacon, un negro, le saltò improvvisamente in sella, le punte di cui questa era internamente munita e che non si facevano sentire a vuoto, le penetrarono nelle carni.

Il negro sapeva ciò che stava per succedere, ma Barney Barnato, presa alla sprovvista dall'improvviso dolore, si irrigidì sulle zampe anteriori e cominciò a scalciare così violentemente da proiettare per aria Samuel Bacon, mandandolo a sbattere nella segatura dodici o quindici piedi lontano, con grande soddisfazione di Collins.

- Benone! - approvò questi. - Ricomincia! E quando esibirai in pubblico questo magnifico numero, porta con te due compari agili come te e che conoscano bene l'arte di cadere. Rispondo del successo in modo assoluto! Ricomincia... – (.....)

 

 

   

 

 

(…..) Un'orchestra di scimmie, - diceva Collins, - è sempre sicura del successo. Fa ridere il pubblico e gli impedisce di rimpiangere il denaro speso. Gli esseri umani si divertono con le scimmie perchè queste somigliano loro, pur rimanendo inferiori. Se voi camminate con me per la strada e scivolate, io mi metto a ridere. Perchè? Ma perchè io sono rimasto in piedi e mi sento vostro superiore! Lo stesso accade se il vento vi porta via il cappello: io che rimango coperto, mi faccio una bella risata, mentre voi correte dietro al vostro copricapo. A maggior ragione, con delle scimmie: le loro stonature permettono ad ognuno di credersi un emerito musicista!

Il numero era completato da un piccolo coro umano, destinato a dare il la alle scimmie.

- Coraggio, - disse Collins, - ripetiamo il numero al completo. Voi altri, laggiù, tirate i fili di ferro ed aizzate le scimmie. Voi poi, intonate col violino un'aria conosciuta, per esempio: «Home, Sweet Home »...

Per l'appunto si trovava nell'arena anche Michaël, uscito per la prima volta dall'infermeria.

I primi accordi lo fecero trasalire, poi, inevitabilmente, proprio come ringhiava vedendosi minacciato con un bastone e come aveva mandato a monte lo spettacolo sentendo cantare « Roll me down to Rio », emise il suo urlio.

Da principio, nessuno vi fece caso. Gli uomini stiracchiavano e pungevano le scimmie sul palchetto, il macaco direttore d'orchestra si dimenava sul suo sgabello oscillante ed il violinista era occupato col suo strumento. Solo Harry Collins osservava con curiosità il cane, ascoltandolo attentamente: Michaël non urlava... cantava!

Quando il numero di scimmie fu terminato, e le disgraziate bestie ebbero finito di essere tormentate dai fili di ferro e dai bastoni aguzzi e, ansiose e sbalordite, si chiedevano quali altre torture le attendessero ancora, Collins si grattò la testa e si avvicinò al violinista.

- Non ha notato, - gli domandò, - come il cane seguisse la musica, mentre lei suonava? Oppure sono io che ho le traveggole?

Il violinista annuì.

- La prego, - continuò Collins, - vorrebbe ricominciare?

Suvvia, e voi altri tutti, state bene attenti!

Michaël rinnovò la medesima commedia, dimenandosi sulle zampe, aprendo smisuratamente la bocca e seguendo armoniosamente con la voce. Harry Collins gli si fece accanto ed intonò a sua volta le parole della popolare canzone. Poi tutti e due cantarono lungamente in coro.

L'esperimento era decisivo.

- Harry del Mar non mi aveva ingannato! Evidentemente questo cane è un fenomeno. È Caruso in persona... Ho conosciuto Kingman ed il suo coro di cani, ma le bestie non facevano che urlare intorno a lui. Qui ci troviamo in presenza di un solista, di un autentico cantore! Non mi meraviglio più della sua pretesa di non volere accettare le mie lezioni. Era cosciente del proprio valore! E pensare che sono stato sul punto di lasciarlo per un boccone di pane a quel carnefice di Wilton Davis! Fortunatamente me lo ha rimandato... Johnny, te lo affido, abbine la massima cura. Me lo condurrai nel pomeriggio e rinnoverò l'esperimento in presenza di una delle mie figlie, ottima musicista. Questo cane diventerà una vera miniera d'oro! 

 

La prova pomeridiana, che si ripetè a lungo nei giorni seguenti, dimostrò che, delle differenti arie provate, Michaël, oltre «Home, Sweet Home», sapeva pure cantare: «God save the King; Sweet Bye and Bye; Lead, Kindly Light; Roll me down to Rio». Tacque «Shenandoa», perchè Collins e la figlia ignoravano la prima strofa di quella vecchia canzone, cantata solo dai marinai. Parimenti, fu impossibile insegnargli nulla all'infuori di quelle cinque arie alle quali era abituato.

- Ne abbiamo abbastanza! - conchiuse Collins. - Con questo repertorio, terrà il primo posto in cartellone, in qualsiasi locale! (.....)