IL MUSEO NAZIONALE DEL CINEMA TORINO
di Maria Adriana PROLO / Luigi CARLUCCIO
( Ed. Cassa di Risparmio di Torino )
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Veduta dalla parte dei desideri e delle ansie dell’uomo la storia dell'avvento del cinema è anche una storia lunga, di secoli, di millenni. Come tutte le storie ha una protostoria ed una preistoria. Più indietro le sue origini si perdono certamente nella notte dei tempi. Non può essere diversamente, soprattutto se siamo convinti che dal momento in cui l'uomo ha saputo di far parte di qualcosa di più vasto che la semplice tribù, quasi una mandria ancora, deve aver cercato per istinto un rito totale; un rito rispetto al quale il rifiorire delle piante, il ritorno del sole e della luna, le tempeste di cielo e di mare, il riconoscimento di un capo, i giochi collettivi nell'arena, le guerre, le battaglie, la peste, la morte stessa sono ancora tutti riti parziali.
Così possiamo immaginare che la storia del cinema ha avuto inizio dentro la mitica grotta di Platone e forse prima ancora, nell'ombra delle nude, aspre grotte abitate dai nostri lontani progenitori, sui litorali marini meglio esposti ai raggi del sole. Oscuramente il primo cinema fu l'ombra.
Proviamo a pensare gli effetti d'ombra che devono aver affascinato l'occhio dei primi bambini del mondo, man mano che il variare della luce, della incidenza della luce, del punto di proiezione della luce lungo l'arco della giornata, via via che la sorgente si impennava e poi ricadeva sulla parabola obbligata dell'arco del cielo, senza soluzione di continuità, dall'alba al tramonto e anche dopo quando appariva la luna, muoveva appunto le ombre sulle pareti della grotta, facendole scivolare dal lato destro al sinistro, dall'alto verso il basso, accorciandole, allungandole con imprevedibili effetti anamorfici dovuti alla conformazione stessa della grotta, della sua soglia, delle sue pareti. Alleggerendole a volte, ombre sino a renderle trasparenti e farle quasi svanire, addensandole all'opposto sino a materializzarle come se avessero un corpo, una quantità, un peso, secondo l'ora e l'intensità della luce.
La luce del giorno intanto, puntuale; poi anche la luce delle fiamme dopo che il fuoco fu acceso la prima volta sulla soglia delle caverne, all'interno della grotta. Gli effetti allora si moltiplicarono in una sequenza senza fine, perché le lingue di fuoco alzandosi, abbassandosi, contorcendosi resero mobili, mobilissime, rapide, grottesche, spiritate come furie e persino drammatiche, le ombre proiettate delle persone e delle cose.
Si potrebbe pensare che il cinema, ombra esso stesso, ombra o fantasma di altri fantasmi ha conservato una memoria inconscia di tali sue remote radici, oppure che inconsciamente ha potuto ritrovare e ricostruire la capacità di suggestione e di drammatizzazione che hanno le ombre proiettate su un muro all'incrocio di due variabili: il movimento della fonte luminosa e la mobilità dello schermo, e che perciò ha potuto scoprire la straordinaria animalesca vitalità delle ombre e dei «cartoni animati», al punto da conferire ad esse molte volte una vera e propria indipendenza, cioè una vera e propria autonomia espressiva.
Come quando le ombre assumono la funzione di spalla del protagonista, o fanno un corpo separato che agisce come in contrappunto, che esprime in controcanto, a volte su una cadenza alternata, i timori e le allegrezze della sua matrice. [ ….. ]
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