NADGIÉ E I COLTELLI VOLANTI

 

di Marie DE CARNAC – René GIFFEY illustr.

 

( da " La piccola pantofola d’argento " – ed. Salani - 1947 )

 

 

 

 

 

 

 

[ ….. ]

 

Essa alza gli occhi smarriti … Le sta davanti un uomo lungo, esile, che le fa dei gesti vivaci: ha il colorito giallo, e gli occhi, tra due bende che scendono dal copricapo, appaiono rialzati ad angolo, sotto sopracciglia nerissime e bene arcuate; un paio di baffi, neri anche questi e sottili, s'allungano ai lati della sua bocca, e dal suo cranio scende una lunga treccia....

Nadgiè rimane muta davanti a questo cinese, uscito non si sa di dove, che si rivolge a lei in lingua russa per dirle :

- Vieni con me. ­

Ella si lascia prendere la mano, e seguendolo come se camminasse nel sogno scende la scaletta di accesso alla vettura… L'aria aperta e viva che alita sul suo viso le dà un dolce senso di frescura. Si guarda intorno: laggiù si drizza una tenda gigantesca, sormontata da una cupola di tela; intorno si vedono schierati carriaggi e vetture che formano una muraglia circolare; specie di barricata chiusa, dove non può penetrare nessun profano, e fasciata da un telone verde.

- Un circo! – mormora Nadgiè, mentre il cinese, sollevando un pezzo di tela, la introduce nella pista, che appare come una chiazza chiara e rotonda sotto la vasta cupola.

 

 

 

 

 

Sulla bionda arena lavorano cavallerizzi e cavallerizze, e gli acrobati, i giocolieri, i pagliacci si contendono lo spazio; il circuito è coperto da tappeti su cui si vanno esercitando gli artisti, facendo salti e capriole. Si sente, nei corridoi risonanti, un gran frastuono di voci, di colpi sordi, di chiamate, di rumori d'ogni genere.

Nadgiè, sempre più stupefatta, guarda da tutte le parti.

- Vieni a vedere i cavalli che dovrai montare. ­

Ed il cinese conduce la fanciulla davanti alle scuderie, dove c'è un acuto odor d'animali: lì stanno i cavalli, che sbuffano e nitriscono.

- Vuoi che ti metta in sella? - domanda un palafreniere, sorridendole.

- Sì …­

Allora vede venir dalla pista un cavallo tutto bardato, condotto a mano. E il cinese la fa salire in sella, e tenendo il cavallo per le briglie le fa fare di passo un giro di pista.

Ma Nadgiè prende istintivamente le redini, mette il cavallo al trotto, lo slancia lungo la pista, lo sprona coi talloni e attacca il galoppo.

Come per incanto, cessano intorno tutti gli esercizi.

L'istruttore grida:

- Ecco una bella scoperta: una negra ammaestrata alla perfezione … Salastry non lo sospettava di certo! ­

Intanto la giovane cavallerizza, affannata, ha arrestato la corsa e, senz'aiuto, è saltata a terra con grande agilità e leggerezza. Ella resta nel mezzo del circo, impettita e silenziosa, ad attendere....

Così è accaduto che la piccola Nadgiè, sotto l'influenza d'un narcotico, si è trovata senz'accorgersene ingaggiata nella compagnia di Salastry, direttore di circo, nella città di Damasco, in Siria. [ ….. ]

 

 

 

 

 

Il giocoliere giapponese sta in piedi in mezzo alla pista: giovane e agile, giuoca con coltelli di larga lama, che s'incrociano sapientemente e ricadono a guisa di pioggia attorno alla sua testa.

Salastry si volge agli assistenti, posti sull'entrata della pista, e ordina:

- Lo schermo e la tavola. ­

Un largo riquadro di legno, dell'altezza d'un uomo,   vien subito rizzato nel centro del circo.

- Il fantoccio? - chiede il direttore.

Un servo porta un fantoccio di paglia, raffigurante una donna con le membra cascanti, che viene appoggiato al riquadro, in piedi, a braccia tese: le mani son fissate sul legno con due coltelli.

- Oratoru, tira! - ordina Salastry.

Il giocoliere deve lanciare i coltelli intorno al fantoccio, contornandone il corpo a guisa di ghirlanda, accosto accosto ma senza sfiorarlo. Ha la mano sicura, e maravigliosa è la precisione del suo tiro: le lame, scagliate una per volta, raggiungono il bersaglio,       accerchiano il corpo di paglia e non lo sfiorano mai.

- In ginocchio! - grida Salastry.

Il fantoccio viene spostato e messo in ginocchio, di profilo, con le braccia dietro la schiena, la testa rovesciata e il collo teso ai colpi dei coltelli, che vanno a circuirlo.

Oratoru si rimette in posizione.

Kibiscia segue con interesse il tiro del giocoliere; mentre il cinese, con occhio triste, osserva il giapponese che esamina la fanciulla.

Il giuoco sta per finire: non resta al giapponese che lanciare un coltello. Ed egli rimette in piedi il fantoccio, scaglia, ridendo, l'arma e grida:

- In pieno cuore, per finire! ­

La lama si pianta nel petto di paglia, mentre tutt'intorno si acclama alla destrezza di lui.

Salastry si volge alla piccola negra, che seduta sul bordo della pista ha seguito attentamente la scena.

- Negra, hai visto la destrezza d'Oratoru?... Ora egli s'è esercitato sopra un semplice fantoccio, ma io voglio che alla rappresentazione pubblica figuri, al posto del fantoccio, una donna in carne ed ossa, e questa donna devi esser tu.

 

 

 

 

 

A queste parole lo, piccola spalanca gli occhi, pieni d'angoscia.

- lo? Non lo farò mai, mai !...

- Come!... Osi ribellarti? Ma questo non è un consiglio che ti do: è un ordine, capisci?.. Tu farai quel che altre han fatto prima di te.

- No… no questo no! - implora Kibiscia, con le pupille azzurre dilatate e il corpo tremante.

- Orsù, non fare commedie e smorfie tragiche per intenerirmi!... Hai veduto che destrezza ha il giocoliere, e non hai nulla da temere. -

E, prendendo la fanciulla per le braccia, la tira verso il riquadro.

Ma la fanciulla fa resistenza e dà addietro.

- Dimentichi il giuramento d'obbedirmi in tutto? Qui, capisci, non hai più volontà di questo fantoccio, che piego come mi pare e piace. -

- No, no, - protesta lei - non voglio! -

- Dovrò costringerti con la forza?.. T'avverto che non cederò, che sarò inflessibile: sottomettiti, sarà meglio per te. ­

Kibiscia conosce il padrone, sa che nulla potrebbe impedirgli d'eseguire ciò che vuole, e che la resistenza non farà che aggravare la sua condizione.

- Addossati al riquadro. ­

Ed ella, angosciata, chiude gli occhi e s'appoggia all'assito, nella posa d'una martire.

- Apri gli occhi! - borbotta Salastry. - E non ti divertire a svenire… Se stai ferma, non corri alcun pericolo: spalanca le braccia. ­

Kibiscia pare trasformata in una statua: ha le braccia tese rigidamente, i grandi occhi fissi nel vuoto, e attende.

- Attenzione! -

La prima lama passa sopra la testa della fanciulla, che chiude gli occhi.

- Non così! - grida il padrone. - Devi tenere gli occhi aperti e guardare il pubblico; altrimenti manca l'effetto. ­

Al passar della seconda freccia, Kibiscia batte istintivamente le palpebre.

- Che cosa t' ho detto? - tuona Salastry.

- Non posso!... - geme la piccola martire.

- A tuo comodo, bella mia…  Noi ricominceremo: lo spettacolo durerà il doppio!... Se tu sei testarda, io lo sono più di te: Salastry non cede mai! ­

Il giapponese si rimette in posizione.           

Questa volta gli occhi della vittima s'empiono di lacrime.

- Se tu piangi, è finita… Non puoi servirci la sera della rappresentazione. ­

Kibiscia si sente scossa da un brivido di spavento e, mentre stende le braccia e raddrizza la testa, dal suo cuore in pena sgorga una preghiera:

« Bambino Gesù, che tanti pregano, venite ad aiutarmi; non ne posso più!» [….. ]