L'OPRA  DEI  PUPI

 

Quando l'intrattenimento popolare era contropotere

 

di Pier Paolo ZAMPIERI

 

( da www.operadeipupifamigliagargano.net )

 

 

 

 

Non è facilissimo rintracciare le origini dell' "Opra Dei Pupi". Le fonti scritte non sempre concordano e i documenti di cronaca spesso si confondono col mito. Una cosa però è certa, essa nasce come l'evoluzione, la messa in scena, delle parole dei cantastorie (e cuntostorie) che nell'ottocento raccontavano e intrattenevano il popolo, e le corti, con storie che attingevano direttamente al patrimonio cavalleresco Carolingio o a quello Arturiano.

 

I valori di onore, cavalleria e giustizia infiammarono in fretta i popoli siciliani, dove l'eroe si trasformò ben presto in metafora esplicita di giustizia sociale. Non a caso ai due filoni segnalati ben presto se ne affianca un altro, dove il bandito, rappresentato all'inizio come "brutto e sporco", diventa poi l'eroe più amato dal popolo.

 

 

                    

 

 

Già, dal popolo... nell'ottocento la richiesta di intrattenimento non era ovviamente gestita dai mass-media e questa arte si plasmò per dare forma a questo "bisogno politico". Al principio c'era solo una voce e voce fu, poi, dietro ad una chitarra, si sono visualizzati i cavalieri, le spade, le dame, i draghi e l'artigianato si è sposato con l'arte. Per sempre.

 

E' rilevante osservare la struttura protoseriale della messa in scena. In teatrini più o meno organizzati il popolo andava a cicli costanti a vedere l'Opera dei Pupi che metteva in scena intere saghe divise in episodi.

 

 

                    

 

 

Da un punto di vista strutturale non erano molto diversi dalle attuali soap opera televisive. Da un punto di vista contenutistico sì. Erano l'opposto. Se Beautiful è sogno, consolazione e celebrazione di un potere (come vorremmo essere), l'Opera Dei Pupi gli si oppone radicalmente e mette in scena "quello che sarebbe dovuto succedere" e non è un caso che è una tradizione che quasi per incompatibilità genetica rifiuta i supporti tecno-logici e si tramanda per sangue, per legno, per memoria, per fedeltà e soprattutto per voce.

 

 

               

 

 

Mettere in scena l'Opera Dei Pupi vuol dire ascoltare di nuovo quella voce, quella tra-dizione, dove l'italiano pomposo si mescola col dialetto da sempre la lingua del popolo, delle bestemmie, delle barzellette e non certo quella del potere. C'è un'altra grande differenza: le soap opera moderne, col loro carico simbolico, giungono via cavo direttamente nelle nostre case, si depositano nel nostro quotidiano più intimo, per vedere invece le altre opere, quelle dei Pupi, era necessario uscire dal proprio guscio e condividere il "sogno" con gli altri. Un sogno non più individuale ma collettivo.

A Messina questa tradizione è portata avanti dai fratelli Venerando e Giorgio Gargano con le rispettive famiglie che danno voci tuonanti a parole scritte dal bisnonno Rosario nel 1880 all'età di soli diciassette anni.