L’ORGANETTO E LA PARATA

 

di Augusto PICCIONI – Attilio MUSSINO illustr.

 

( da "Nuove avventure umoristiche di Saltapicchio e Lumachino" - ed. G. B. PARAVIA & C. - 1925 )

 

 

 

 

 

 

[ ….. ]

 

Rosmunda portò un bel piatto di cavolo ai due fanciulli.

- Il cavolo - disse subito Lumachino - ­...non è proprio la mia passione, ma con questa fame che mi ritrovo, lo mangio lo stesso.

Il giovane del ciuffo s'era intanto avvicinato a loro ed aveva, da una specie di zaino, cavato fuori un organetto.

- Bravo - fece Saltapicchio.

- Vi piace, signorì?

- Moltissimo.

- E allora sentite questa - e giù un'altra suonata.

Era una vera accademia musicale.

Lumachino trasse di tasca un ventino e lo dette al suonatore.

- No... no - protestò il giovane - non accetto nulla... tra amici... nulla nulla. Basta un bicchiere... Rosmunda... Rosmunda... di quello... di quello:

E Rosmunda venne e portò di quello, e portò anche dei salsicciotti all'aglio.

- Ah questi si che sono la mia passione! - esclamò muso nero.

E pare che fossero anche la passione del compagno perchè se ne papparono una mezza dozzina.

E mangiando bevevano; il suonatore dava da bere, aveva riempito anche il suo bicchiere, ma non beveva. Suonava e suonava... e suonava cosi bene che Saltapicchio e Lumachino (eran sempre gli stessi quei due benedetti figliuoli) riempita ormai la pancia, vollero provare un salterello; il salterello così allegro, così in uso tra i contadini.

 

 

 

 

 

Il giovane suonava; era adesso una vera ridda di note acute; i due birichini s'alzarono, si presero per mano, e gira pure. Sembravano due affricani che ballassero una delle loro indiavolate fantasie.

Non durarono di molto però a girare, che traballarono, si portarono la mano alla fronte, e:

- Ohi! Ohi!

- Ahi! Ahi!

- Ehi! Ehi!

- Uhi! Uhi!

Intorno a loro ballava ogni cosa; una pesantezza insostenibile chiudeva, serrava a loro gli occhi; fecero alcuni passi per avvicinarsi alle panche e caddero pesantemente a terra.

Un minuto dopo dormivano come ghiri. [ ….. ]

 

 

 

 

 

Non erano mai stati in una città quei due birichini; tranvai, carrozze, palazzi, monumenti e botteghe.

Stavano a bocca aperta, come due oche. Ed ecco che da una larga strada s'avanza un lungo corteo carnevalesco: innanzi vengono uomini che recano grandi cartelloni con su i … ritratti di tigri, di leopardi, di orsi: dietro una fila di servi vestiti in livree scarlatte, dietro... dietro.

Oh, indovinatelo un po’ !

Un enorme elefante con tanto di proboscide… vera !

Saltapicchio alzò le mani al cielo ed esclamò, estasiato:

- Finalmente ti vedo!

Ed i due birichini corsero fin sotto il naso del pachiderma, come attratti da una calamita e l'elefante li prese, uno per uno, con la proboscide, e leggermente, come se fossero stati fuscellini, li depositò sopra la groppa.

Che li avesse presi per due affricani?

Di lassù Saltapicchio e Lumachino, tra le risa della ragazzaglia invidiosa di tanta fortuna e di tanto onore, attraversarono, in trionfo, la città andando verso la piazza dei divertimenti, ove stava per darsi una rappresentazione.

Saltapicchio toccava la pelle dell'elefante ed esclamava:

- Non è di cartone, è proprio un elefante di carne, ed ossa...

- ... e naso.

- Chi mi avesse mai detto che un giorno sarei stato trasportato da una sì grande bestia?

- Lascia stare, non ti faccia impressione; è una grande bestia che ne porta una piccola.

- Non parlare al singolare.....

E mentre i due moscerini stavano sulla groppa grigia di quel bestione grosso grosso, tra i cittadini, che dai marciapiedi guardavano, sorridendo, quei due marmocchi per réclame al Brill, ve ne fu uno che mandò un grande sospiro, si confuse tra la folla, seguì, passo passo, attentamente la pagliaccesca mascherata.

 

 

 

 

 

Stavano, finalmente, innanzi al serraglio.

Fatti scendere dall'elefante, e messi a terra, ora i due fanciulli, guardavano la lunga fila di baracconi. Estatici... veramente estatici!

Pensavano però che non avevano nemmeno un soldino in tasca. Degna punizione di tante birichinate!

Avevano diritto a divertirsi loro che eran fuggiti di casa? No, no, cento volte no.

Nel padiglione centrale, lungo la fila delle baracche, pendevano enormi cartelloni, riproducenti caccie alle belve.

Dietro un banco, ricoperto di pellicce, stava una donna vestita di maglia, tutta luccicante di diamanti, ricavati da... pezzi di vetro. Sopra di lei, su cerchi di... argento, dondolanti, parlavano parole incomprensibili, pappagalli dal becco come il naso di pulcinella.

- Come parlano bene!

- Non si capisce nulla.

- Bestia. Parlano in lingua pappagallesca; bisogna poi tradurla in lingua italiana.

 

 

 

 

 

Ed ecco, da un organo dalle canne rilucenti, sale una musica assordante; zufoli, tamburi, piatti e dinnanzi escon fuori pupi che ballano ed agitano campanelli.

- Oh bello! Oh bello! - ed i due carbonari stanno veramente a bocca aperta.

Quella veramente è la piazza delle meraviglie.

Ed ecco di dentro, di dentro alla lunga fila delle gabbie, venire un... suono.

Saltapicchio sta per darsela a gambe.

- Fermati... pusillanime. È il ruggito del leone.

Ed a quello rispondono altri ruggiti.

- Hanno fame!

Esce ora innanzi al padiglione principale un uomo dalla giubba fiammante, decorata da alamari bianchi: ha lo scudiscio in mano, i pantaloni di pelle bianca, i lucidi stivaloni alla scudiera.

- È un generale...

- Taci; non farti sentire. È il domatore. Dietro di lui stanno due damigelle che tengono posati sul collo e sulle braccia due enormi pitoni.

- Corpo d'una pipa rotta, che serpenti! - Sono anguille di terra.

Il domatore, finito il rintronare della musica, invita ora il pubblico alla rappresentazione.

- Siniori mai essere stato vedùto serrallio più grante, più meravilliosamente belo.

- Parla come Franz!

- Vetrete il leone Sultano, quello che manciò la testa al mio pretecessore: vetrete la ticre del Bengala, la terribile ticre che nell'Intia in un sol ciorno mangiò dodici persone...

- Con tutte l'ossa?...

- Vetrete il più bel cavallo del mondo: la zepra...

- Anche quella! - e giù un sospiro.

- La giraffa...

- Anche quella! - e fuori un altro respiro.

E ad ogni bestia che il domatore annunziava i due ragazzi sospiravano come mantici.

- Avanti... avanti - chiuse il discorso il... grande oratore - questo essere il vero momento. Essere l'ora del pasto delle belve. Siniori e Siniore due lire; ragazzi e militari una lira.

E Saltapicchio e Lumachino si misero nuovamente le mani in tutte le tasche e visitarono e frugarono: niente soldi; Lumachino trovò soltanto una castagna secca.

La folla saliva la scalinata di legno e, vociando, spariva, come inghiottita, nel serraglio; le belve urlavano e... e...

Saltapicchio e Lumachino scoppiarono - come mai avevano fatto in vita loro - in un pianto dirotto.   [ ….. ]