CON ORGANO E SCIMMIETTA PER TROVAR FORTUNA
di Gino CHELAZZI – Fiorenzo FAORZI illustr.
( da " Due ragazzi e una scimmia " – ed. Salani - 1951 )
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- Ci sarà pure qualcuno che si occupa dei bambini rimasti senza babbo e senza mamma. Eppoi non mi sgomenterei mica, sapete! Il povero babbo mi ha insegnato tante cose, che troverei sempre il modo di cavarmela. - Che cosa ti ha dunque insegnato il povero babbo? - Prima di tutto la sua arte di figurinaio, - disse il bambino con un certo orgoglio. - Arte di famiglia, sapete! E per chi sa fare, rende bene e ci permette di girare tutto il mondo. Poi mi ha insegnato a sonare la fisarmonica e so già quattro o cinque ballabili, e qualche pezzo d'opera. Poi mi ha insegnato ad accomodare gli ombrelli, le conche, i piatti e i catini rotti, a pulire i camini e le stufe, a fare i fiori di cartavelina, ma belli che paiono veri, ad arrotare forbici e coltelli, e anche ad ammaestrare cani, gatti, topi e uccelli. - Ma è proprio la mia industria questa! lo sono commerciante all'ingrosso e importatore di animali esotici. - Gli animali esotici sono forse le bestie feroci? - Anche … Animali esotici sono tutti quelli che vivono in paesi diversi dal nostro. - Ah, ho capito! - Pappagalli, scimmie... Ne ho qui due gabbie. Sono io che rifornisco tutti i circhi equestri d'Italia. È una vera fortuna per te, ragazzo mio, avermi incontrato. Vi prendo con me tutt'e due. Sarete i miei figli. Vi adotterò, ritroverete un padre. - Troppo buono, signore. Ma il babbo, una volta che si è avuto la disgrazia di perderlo, non lo si ritrova più. - Tu parli, ragazzo mio, con una serietà e uno sconforto che non si addicono alla tua età. Si vede che hai molto sofferto. Ma rallegrati. Vedrai che le tue disgrazie sono finite. Appena sbarcati a Genova farò tutte le pratiche necessarie presso le Autorità perchè possiate venire con me, figli miei. - Carletto guardava stupito quell'uomo come se non riuscisse a rendersi conto di quell'entusiasmo e di quella commozione.
- Avanti, avanti, signori!... Favoriscano. Vengano a prendere i buoni posti!... Al gran circo Batum! Lo spettacolo è per incominciare! Musica! - E un'orchestra di cinque o sei strumenti a fiato tra i più fragorosi e stonati attaccò una marcia, mentre l'uomo che aveva pronunziato il discorso agitava furiosamente il batacchio d'una campanella. Due fumose lampade ad acetilene dalla luce cruda abbagliavano il pubblico. Una magra cavallerizza sorrideva agli spettatori in mezzo a due pagliacci che facevano smorfie; due pappagalli sui loro sostegni pareva guardassero la folla con un'aria che non si sapeva se fosse di rassegnazione o di canzonatura. Uno scimmiotto si dondolava da un trapezio sbucciando dei semi con grande serietà. Ogni tanto dalla folla si staccava qualcuno per entrare nell' interno del circo. Una donnona agghindata in modo ridicolo era seduta dietro un banco all' ingresso per ritirare il denaro e rilasciare i biglietti. Il « Gran circo equestre Batum», come era definito sui cartelli tracciati grossolanamente a mano, non era che un misero baraccone da fiera, costituito da un recinto circolare ricoperto da un grande tendone a ombrello, un ingresso sopraelevato nella parte anteriore, ai lati del quale erano appesi vari cartelloni rappresentanti esercizi di cavalli e di altre bestie ammaestrate, grossolanamente dipinti. Dalla. parte opposta all'ingresso c'erano due carrozzoni che servivano di casa agli artisti ambulanti. Questi erano ben pochi, di infimo ordine e vestiti miseramente.
Quando la musica tacque, l'annunziatore dal palco riprese con grande enfasi: - Avanti, signori! Non si facciano pregare! Il divertimento è dentro e non è fuori! E che divertimento! Vedranno miss Edith, la grande cavallerizza del palazzo di cristallo di Londra, e Tom Punkler, il gigante della Papuasia, campione mondiale di lotta, la coppia Gmister, due fratelli che sono stati chiamati i superaeroplani, perchè volano senza motore e senza ali, e la señorita Emanuela, nelle sue danze spagnuole, e il piccolo Pim-Pim, con la sua scimmia maravigliosa, gli uccellini ammaestrati e un ciuco sapiente, e un gruppo di celebri pagliacci saltatori, che coi loro frizzi vi faranno ridere e ridere; e il direttore mister Oswald Batum coi suoi celebri cavalli ammaestrati all'alta scuola! Avanti, avanti, signori! Favoriscano!... Vengano a prendere i buoni posti! S' incomincia subito dopo questa breve sonata! Musica!... -
Nonostante il « s'incomincia subito », questo discorso fu ripetuto più volte e la musica eseguì ancora varie marce sul palco d'ingresso. Il pubblico non affluiva numeroso; all'esterno si era radunata molta gente, col naso in aria, ma pochi eran quelli che si facevano coraggio ed entravano. All'ora in cui lo spettacolo sarebbe dovuto incominciare, il Circo non era pieno neppure a metà. Finalmente la rappresentazione incominciò. Tutte le maraviglie promesse si riducevano a tre pagliacci sudici e sguaiati, due misere artiste, cioè una cavallerizza allampanata e una striminzita equilibrista, un cavalluccio barcollante, un ciuchino con le orecchie penzoloni, che sembrava afflitto da gravi dispiaceri di famiglia, e un ragazzo che gli faceva eseguire degli esercizi insieme con uno scimmiotto e con dei passerotti ammaestrati. Quel ragazzo, il Pim-Pim nominato dall'annunziatore, non era altri che Carletto, il fanciullo che abbiamo veduto sul bastimento Tagliamento. Come era caduto in un luogo simile? Neppur lui avrebbe potuto spiegarlo con precisione.
Quel signore grasso conosciuto a bordo del Tagliamento, di nome Giacomo Calvi, aveva continuato a interessarsi di lui e della sorellina, aveva parlato col comandante del vapore, esaminato documenti e, finalmente, quando mancavano pochi giorni all'arrivo nel porto di Genova, aveva annunziato ai due bambini che ormai tutto era combinato e che sarebbero andati a star con lui. Allo sbarco a Genova i due fanciulli seguirono il signor Calvi, che li fece attraversare in tranvai tutta la città, per condurli in una casa di un sobborgo, dove era una gran confusione e un grande andirivieni di persone di ogni età e condizione. In qual modo fosse riuscito a ottenere presso le Autorità che i due bambini lo seguissero, egli a loro non lo disse. In quella grande casa i fanciulli vivevano col signor Giacomo Calvi e la moglie e la figlia di lui, in un piccolo quartiere modestamente arredato. Il signor Calvi stava fuori tutta la giornata e non tornava che all'ora dei pasti. Si mostrava molto affettuoso coi due ragazzi, li accarezzava spesso, portava loro dei dolci e anche dei balocchi. Sembrava che veramente non fosse un cattivo uomo.
In quella casa era anche un grande cortile dove potevano andare tutti gli inquilini. Un giorno il signor Calvi tornò a casa con uno scimmiotto e una gabbia nella quale erano rinchiusi vari passerotti, e chiese a Carletto se sarebbe stato buono ad ammaestrarli. Carletto, tutto contento di aver qualche cosa da fare, disse che i passerotti era sicuro di ammaestrarli alla perfezione; per la scimmia avrebbe provato, non avendo mai avuto a che fare con simili animali.
Lo scimmiotto era una graziosa bestiuola, con un pelo marrone scuro e nero, lunghissimo e finissimo, una coda magnifica, una testina graziosa e intelligente, incorniciata come da una raggiera di pelo, due occhietti vivaci, un nasino nero e un'espressione tra l'ingenuo e l'adirato, comicissima. Spesso faceva un gesto curioso, accompagnandolo con un buffettino, e Carletto per questo gli mise nome Puff. Lo scimmiotto aveva però un difetto: se vedeva qualche cosa che luccicava, bisognava che con le buone o con le cattive se ne impossessasse, e guai a togliergliela! Allora mostrava i denti e anche mordeva. Carletto si dedicò subito al suo ammaestramento; ma fu cosa facile, perchè era intelligentissimo, e dopo pochi giorni aveva già imparato una quantità di esercizi da far sbalordire! La moglie del signor Calvi gli aveva cucito una specie di vestitino da soldato, composto di un paio di calzoncini, un giubbetto rosso e un chepì di cartone. Carletto poi gli aveva fabbricato un fucilino di legno e una sciabolina di latta. Con quegli attrezzi Puff faceva una quantità di esercizi! Al comando del ragazzo si metteva sull'attenti, manovrava il fucile, poi faceva scherma con la sciabola e una serie di buffonate da far morir dal ridere. E come era ubbidiente e affettuoso verso Carletto! Gli si era così affezionato che quando per qualche momento il ragazzo era costretto ad allontanarsi, gli piangeva dietro e mugolava e lo seguiva con lo sguardo ansioso, come se avesse paura che non tornasse più. Poi, appena lo rivedeva, erano capriole e piccole grida di gioia, finchè, senza tanti complimenti, gli saltava tutto contento sulle spalle. A forza di pazienza, anche coi passerotti Carletto era giunto a buoni risultati; ormai quelle graziose bestioline, sebbene lasciate libere, non fuggivano più da lui e gli volavano sulla testa e sulle spalle, beccuzzandolo amorosamente. A un suo cenno prendevano il volo e a un altro tornavano. A un suo ordine andavano a raccogliere col becco dei foglietti e glieli riportavano, per beccare poi dalle sue stesse mani un granellino di canapa, quale premio. [ ….. ]
Quando fu in una piazzetta sporca e remota, vide venirsi incontro un altro ragazzo della sua età, che aveva al collo un organino a manovella. Questi gli rivolse per primo la parola: - Sei italiano anche tu? - Sì! - Vuoi unirti a me? lo suono l'organino, tu fai ballare la scimmia. Quel che si guadagna si divide. - Volentieri! - rispose Carletto, pensando che da questo amico improvvisato avrebbe potuto avere utili indicazioni, e ricordando che anche il signor Salvioni gli aveva consigliato di fare amicizia con qualche ragazzo della sua età. I due ragazzi proseguirono insieme il giro. Il successo fu entusiastico; la folla, attirata dall'organino, accorreva più numerosa, e gli esercizi di Puff, al suono di allegre marce apparivano più comici e divertenti. Dopo tre o quattr'ore di lavoro i due ragazzi si divisero una discreta sommetta. - Ci troviamo anche domani? - disse l'altro ragazzo a Carletto. - E perchè no? - e si dettero appuntamento per il giorno dopo. [….. ] |
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