UN ORSO COME RISORSA
di Ruggero DOMBRE
( da " L’eredità dello zingaro " – ed. Salani - 1945 )
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Nel momento in cui Andrea Iruleghi, il piccolo pecoraio del ricco agricoltore Giampaoli, uscendo dalla chiesa d' Isturitz dove aveva ascoltato la Messa della domenica, stava per ritornarsene verso la fattoria di Ramonteghi, notò un crocchio di gente in mezzo alla piazza. Uomini, donne e ragazzi si pigiavano, formando circolo intorno a uno spettacolo di cui non poteva indovinare il genere perchè il suo sguardo non riusciva ad attraversare la muraglia degli spettatori. « Se non sbaglio, dev'essere un merciaio ambulante, » disse tra sè. E, dirigendosi a sinistra, stava per imboccare la strada che, costeggiando il cimitero, conduce in aperta campagna. A un tratto si fermò, porgendo l'orecchio: udì prima un suono di cembalo, e, subito dopo, una specie di forte grugnito, simile all'urlo di una belva. La sua curiosità fu subito desta. « No,» riflettè « non è un merciaio, ma un saltimbanco … un domatore di orsi, forse ... Ed io che non ne ho mai veduti !... Del resto, non costa nulla andare a vedere ». Tornò indietro, raggiunse gli altri paesani, si ficcò in mezzo a loro, e a poco a poco sgusciò fino alla prima fila. Non si era ingannato.
Un vecchio, certamente ammalato, a giudicare dal suo viso sparuto, stava facendo uno sproloquio in una lingua indefinibile. Intorno alla sua mano sinistra si attorcigliava il capo di una cinghia, all'altro capo della quale, un bell'orso grigio, con la museruola, aspettava, ritto sulle zampe posteriori; con la destra il vecchio reggeva un cembalo. Quand'ebbe finito di parlare, agitò il cembalo battendolo prima sulla testa, poi sul gomito ripiegato, poi su uno dei ginocchi, che in quell'atto sollevava. Poi, ricominciando a parlare in quella strana lingua, incoraggiò il suo allievo: - Ora, signor Pepè, faremo bella mostra della nostra abilità; non è vero, mio bravo amico? - Mentre parlava, l'orso Pepè teneva gli occhi fissi su lui, in attesa del gesto o della parola che doveva indicargli quale dei suoi esercizi dovesse eseguire. - Pepè, figlio mio, - ripigliava il saltimbanco fai vedere a questo onorevole pubblico come sai ballare. –
Subito l'animale, regolandosi sul ritmo del cembalo, si dondolò sulle zampe villose, con quella grazia goffa propria della sua razza e che è così ben conosciuta dai piccoli frequentatori dei Giardini Zoologici. Andrea, che non aveva mai visto un simile spettacolo, si divertiva un mondo: attentissimo agli esercizi del signor Pepè, non provava più nessun desiderio di andarsene.
Fatto sta che Pepè era davvero un animale portentoso. A sentire il suo padrone, non ignorava nessuno dei balli più moderni, benchè fosse soprattutto specializzato nelle vecchie danze. A dir vero, sapeva semplicemente dondolarsi da quel bravo orso che era; ma ciò era più che sufficiente per mandare in visibilio Andrea. Per chiudere la rappresentazione, l'espositore ricorse a esercizi più complicati, che dovevano mettere in evidenza la straordinaria bravura della bestia ammaestrata. - E ora, figlio mio, indicaci la persona più bella di tutto questo pubblico. Allora Pepè, col solito passo leggero e molleggiante, fece adagio adagio il giro degli spettatori, fermandosi davanti a ciascuna delle persone che si trovavano in prima fila, lasciandosi bonariamente toccare, accarezzare e anche canzonare, mentre, con una impercettibile scossa della fune, il suo padrone gli faceva comprendere che non si trovava ancora alla presenza della beltà designata.
In questo giro si attardò un momento anche davanti al nostro pastorello, che, con grandissimo piacere, affondò le mani nella folta pelliccia dell'orso. Il fanciullo gli trovava un aspetto tanto buono! S'immaginava, anzi, che il suo sguardo si fissasse su lui con più dolcezza che su tutti gli altri. Finalmente Pepè si allontanò per fermarsi poi davanti a una vecchietta dal viso grinzoso come la buccia di una mela renetta, e che, piegata in due sul bastone che la sosteneva, era assorta anche lei negli splendori dello spettacolo. - Dunque, Pepè, - domandò il saltimbanco - hai finalmente trovato la persona più graziosa di tutta l'assemblea? - - Gron! - rispose l'animale, con un grugnito che poteva essere interpretato come un consenso. - Non ti sbagli, vero? - - Gron! - ripetè ancora Pepè, il cui sguardo, rivolto e fisso verso il padrone, pareva volesse affermare: « Sì, sì, questa è proprio la persona che mi piace di più ». Scoppiò una risata generale. - Come indovina bene, questo briccone! - si udiva dire dagli spettatori nel clamore delle risate ... Certo, Andrea non fu tra quelli che si divertirono meno a questa facezia di poco buon gusto; rideva a bocca spalancata, mettendo in mostra le sue due belle file di denti bianchissimi.
Il piccolo pastore non doveva ridere sempre. Come ogni spettacolo che si rispetti, poco importa se dato su una pubblica, piazza o altrove, anche questo doveva arrivare a quel punto ch'è d'uso chiamare « il momento critico », cioè il momento in cui si deve pagare. - Voi vi siete divertiti ai miei esercizi, - disse dunque Pepè, servendosi, beninteso, del suo padrone come intermediario - vi siete divertiti molto, non, è vero? Ebbene, adesso passate dalla cassa! - E, facendo novamente il giro degli spettatori, Pepè tese davanti a ciascuno il cembalo rovesciato, come se fosse stato un vassoio. Le lirette piovevano, ma cadeva anche qualche biglietto da cinque lire, perchè c' è della gente ricca a Isturitz. [ ….. ]
Andrea non può fare a meno di lasciar trapelare al sindaco i suoi pensieri. Alla prima fermata gli confida: - Adesso so quel che farò dell'orso! - - E che cosa? - Quel che ne faceva il suo padrone: lo farò ballare, facendomi pagare dal pubblico. - Tu? Sei tanto giovane e mingherlino e vuoi andartene solo per le strade? - Sono molto più robusto di quel che non sembri, eppoi, con un compagno della forza di Pepè, non avrò da temer nulla da nessuno. Il sindaco sorride tra sè e pensa che forse una vita simile, nonostante i suoi pericoli, sarebbe preferibile a quella che il ragazzo conduce a Ramonteghi; ma tiene questo pensiero per sè, e si contenta di esclamare: - Che coraggio! ... Ma hai il tempo di pensarci, ragazzo mio; niente ci prova che la bestia debba appartenerti, ed è proprio il caso di dire che non bisogna vendere la pelle prima di aver ammazzato l'orso.
Questa risposta un po' canzonatoria non turba affatto Andrea, che si propone di attuare la propria idea, se le circostanze l'obbligheranno a prendere una rapida decisione. I due compiono in silenzio l'ascensione. Eccoli finalmente arrivati alle rocce, intorno alle quali si sono sparpagliate le pecore pascolando sotto lo sguardo vigile dei cani. Andrea, andando innanzi, mostra la strada. Nella grotta l'uomo è sempre steso sul suo giaciglio d'erba secca; ma deve dormire, perchè non si sente più il suo respiro sibilante. Li vicino, Pepè, immobile, geme lamentosamente. Appena rivede il pastorello, gli va incontro; certo desidera una, carezza. Intanto il sindaco si è avvicinato all'ammalato, lo guarda un istante, e, chinandosi, gli pone una mano sul petto all'altezza del cuore; poi, dopo un momento si volta dicendo: - Arriviamo troppo tardi, ragazzo mio; il poveretto è morto. - [ ….. ]
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