PIANOLE E PIANOFORTI
di Alessandro BARICCO
( da “ Questa Storia “ – ed. Fandango )
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[.....] 5 aprile 1923
La prima pianola meccanica io l'ho vista in campagna, dal signor Brandisz. Era qualcosa di sorprendente, devo ammetterlo. Quando la faceva funzionare, il signor Brandisz si metteva in piedi accanto al mobile, e sorrideva. A volte si commuoveva e piccole lacrime gli scendevano sul viso da vedovo. Altre volte la faceva funzionare di nascosto, senza avvertire nessuno e facendo finta di niente. Poteva succedere che tutti fossimo in giardino, e dalle stanze della casa, tutt' a un tratto, arrivassero le note di un brano di Chopin. Se un giovane, allora, si fosse spinto in casa, a conoscere la ragazza che suonava con tale luminosa tranquillità, ci avrebbe trovato la solitudine funebre di un salotto dove tasti bianchi e neri salivano e scendevano da sé, in assenza, discutibile, di anima. Ne sarebbe rimasto turbato. È qualcosa del genere che io provo, puntualmente, davanti ai corpi maschili che fanno l'amore con me. Quando si perfezionò la tecnica delle pianole, ottenendo risultati sorprendenti, e in sostanza magici, i costruttori di pianoforti dedussero che la loro epoca era finita. Era chiaro che se la gente poteva riprodurre perfettamente Chopin senza doveri o suonare, piegarsi a lunghi studi per assicurare alla casa il distintivo privilegio della musica sarebbe divenuto, in breve, un inutile lusso. Così i più iniziarono a prendere in esame la possibilità di costruire pianole meccaniche. Parve però a tutti ovvio, quasi immediatamente, che si trattava di un lavoro deprimente. Era molto più facile che costruire un pianoforte, ed era generale il presentimento che, nel cambio, andasse perso il cuore della musica, qualsiasi cosa volesse dire "il cuore della musica". Così rimase loro una sorta di turbamento senza soluzioni. Steinway & Sohns, uno dei maggiori e più prestigiosi costruttori di pianoforti del mondo, decise allora di approfondire il problema. Studiarono a lungo. Pensarono a lungo. Alla fine addivennero alla convinzione che si sarebbe dovuto vendere un pianoforte con, inserita dentro, la capacità di suonarlo. Si tenga conto che era una fase di studio, in cui l'intuizione era ancora solo abbozzata. Il passo successivo fu pensare che l'ideale sarebbe stato vendere un pianoforte insieme a un pianista che lo suonasse quando la gente lo richiedeva. In questo modo si sarebbe uguagliata la comodità della pianola meccanica, salvando però il cuore della musica, e l'insostituibile apporto del tocco umano, a cui faceva capo, verosimilmente, l'anima. Studiarono davvero la realizzabilità di un'ipotesi del genere. Quando conclusero che da un punto di vista economico la cosa non stava in piedi, ripiegarono sulla soluzione a cui io devo, attualmente, la mia sopravvivenza. Nel 1920 la Steinway & Sohns ha varato una singolare iniziativa commerciale, che prevede lezioni di pianoforte gratuite per tutti coloro che intendono avvicinarsi alla sublime arte del suonare. Centinaia di maestri di pianoforte sono stati selezionati nel mondo e spediti in giro per le città e le campagne a portare il verbo della tecnica pianistica. Giriamo con un furgone della ditta, un camioncino, e accompagnati da un tecnico-autista. Il tratto geniale è che, alle famiglie che lo richiedono, noi portiamo, gratis, il pianoforte, glielo montiamo dove preferiscono, e poi, per tre mesi, ci presentiamo a fare lezione, ogni giorno, gratuitamente, perché loro possano superare il primo, comprensibile, momento di difficoltà. A chi, dopo la prova, decide di procedere all'acquisto, la Steinway & Sohns regala altri tre mesi di lezioni al prezzo simbolico di dieci cents all'ora. Bisogna ammettere che l'hanno studiata bene. Alle volte possiamo prendere, in permuta, vecchie pianole meccaniche. Le rivendono, poi, ai caffè. [.....]
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