IL REPERTORIO DEI CANTASTORIE

 

A cura di Dante PRIORE

 

( Ed. Comune di Terranuova Bracciolini )

 

 

 

 

I CANTASTORIE E LA RICERCA SUL CAMPO

 

 

La ricerca di Dante Priore nel Valdarno superiore, nata all'inizio degli anni '70, si è sviluppata nell'arco di quasi quarant'anni e ha già prodotto una ricca bibliografia che il Comune di Terranuova Bracciolini presenta nella collana editoriale "... fra storia e memoria" diretta da Carlo Fabbri: per l'antologia di Documenti di canto e poesia popolare raccolti nel Valdarno superiore, ricordiamo i volumi L'ottava rima (2002), Stornelli e rispetti (2005) e La canzone narrativa (2006).

Non si tratta di reperti raccolti solo con un intento scientifico: infatti, gli informatori sono ricordati come memorie storiche non anonime, ma persone con le quali l'autore ha avuto e ha un rapporto non superficiale e continuo, di stima e di affetto per il patrimonio culturale che attraverso il canto tutte portano con sé.

Vengono proposti non solo i testi nelle varie versioni, ma anche notizie sui fatti di cronaca che hanno ispirato i componimenti dei cantastorie e le testimonianze della loro presenza nei treppi della Toscana: si tratta di oltre 200 documenti, registrati tra il 1973 e il 2006, con il contributo di più di novanta informatori, tra i quali si ricordano, per il notevole repertorio di canti ricordati, Lorenzo Gori, Rosa Melani Dilaghi e Sabatino Bigi.

L'opera di Priore propone anche alcune considerazioni sulla diversa situazione dei cantastorie toscani e di quelli settentrionali.

Nell'Italia settentrionale i cantastorie hanno potuto trovare una adeguata collocazione nel campo dello spettacolo popolare, per qualche decennio, a partire dal secondo dopoguerra del secolo scorso, grazie ai risultati ottenuti dall'A.I.CA., soprattutto dal punto di vista sociale, in quanto spesso i cantastorie erano considerati alla stregua di accattoni.

Dopo il Convegno bolognese del 1954 e le successive iniziative nate nell'ambito della Fiera Millenaria di Gonzaga (1957 e 1958), dal 1960 si svolgono le Sagre annuali (prima nella provincia di Piacenza e nel capoluogo, quindi a Bologna fino al 1975) che continuano anche oggi a Santarcangelo di Romagna in occasione della fiera novembrina di S. Martino.

 

Nello stesso tempo sono nate diverse iniziative che documentano l'attività dei cantastorie in diversi settori: bibliografico, discografico, televisivo e di laboratorio.

Si tratta di una serie di iniziative nate in Italia all'inizio degli anni ‘60, dopo le esperienze del folk music revival negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, con l'introduzione di una nuova disciplina, l'etnomusicologia, per lo studio della cultura del mondo popolare, basata sulle fonti orali e la ricerca sul campo.

È singolare però che il repertorio dei cantastorie (e la loro figura nel campo dello spettacolo popolare) sia stato analizzato superficialmente, considerato solo quando un testo era stato raccolto nel corso della ricerca sul campo inizialmente rivolta quasi esclusivamente alla canzone popolare.

Nella ricerca di Dante Priore, questo non avviene mai e ciò è ampiamente documentato nel suo nuovo volume dedicato al repertorio dei cantastorie, in quanto non fa una scelta dei materiali di cui viene a conoscenza, ma tiene conto dell'intero patrimonio culturale di ogni persona che incontra e con la quale stabilisce un rapporto di grande collaborazione.

Certamente i cantastorie toscani, pur avendo svolto la loro attività quasi esclusivamente nella loro regione e in quelle vicine a sud dell'Appennino tosco emiliano, hanno potuto mantenere stretti contatti con altre espressività popolari più vicine ai loro repertori e modi di fare spettacolo (sconosciute ai cantastorie settentrionali) come il Cantamaggio, l'ottava rima, l'improvvisazione, trovando adeguata documentazione e presenza anche nelle numerose pubblicazioni e rassegne che oggi caratterizzano la Toscana, dove, purtroppo, anche i cantastorie di questa regione, come in ogni altra parte d'Italia, debbono fare i conti con la scomparsa delle loro sedi naturali di spettacolo come i mercati, le fiere, le sagre.

 

 

Giorgio Vezzani

 

(Fondatore e direttore della rivista di tradizioni popolari “Il Cantastorie”)

 

 

 

 

 

DALLA FONTE A STAMPA ALL'ORALITÀ

 

 

Il ponderoso materiale raccolto al magnetofono da Dante Priore e presente in questo volume costituisce, a mio avviso, il più importante corpus a tutt'oggi pubblicato in Italia di versioni orali di canti appresi da fonti popolari/tradizionali a stampa. Opportunamente lo studioso definisce questa rilevante documentazione «il versante orale di una "tradizione mista", la quale ha avuto come riscontro una ricca fioritura di stampe popolari (libretti, fogli volanti, canzonieri) diffuse per lo più nei mercati, nelle fiere, nelle sagre paesane dai cosiddetti "cantastorie"».

 

Scrisse a suo tempo Roberto Leydi (precursore e punto di riferimento delle ricerche sui cantori ambulanti italiani, al cui apporto farò ampiamente riferimento per queste brevi note) auspicando nello specifico una verifica delle eventuali confluenze nell' oralità di questa produzione (e, in particolare, dei canti da "foglio volante") che, nel corso dei secoli, raggiunse una considerevole mole quantitativa e con un significativo boom ottocentesco:

 

«bisognerebbe anche verificare le fortune di ciascun canto e separare quelli che davvero incontrarono l'adesione popolare da quelli che invece non circolarono, perché respinti. (...) In questa chiave di lettura i "fogli volanti" possono rivelare molte realtà nascoste, come possono scoprirci la loro qualità di disperate testimonianze di resistenza di fronte all'annientamento del tessuto culturale popolare: basterebbe porre i testi a paragone, da un lato con le vecchie ballate della tradizione, dall'altro con la poesia borghese ottocentesca. Cioè da un lato con la tradizione, dall'altro con il nuovo contesto».

 

Sempre a Leydi dobbiamo queste altrettanto importanti considerazioni sulle metamorfosi del canto narrativo venutesi a determinare in seguito alla sistematica introduzione di queste forme di editoria destinata al mondo popolare:

 

«L'invenzione della stampa portò un nuovo contributo alla diffusione delle ballate e segnò una specie di cesura sul filo della tradizione. Con il foglio volante incomincia un nuovo periodo per la canzone narrativa in generale e per la ballata in particolare. Usando il nuovo mezzo incominciano a circolare fra il popolo testi formalmente e anche concettualmente nuovi. Sono quelle canzoni che gli inglesi chiamano broadsides ballads e che noi diremmo ballate da foglio volante. Su queste stampe da pochi soldi vengono pubblicati numerosi rifacimenti di vecchie ballate di larga conoscenza popolare ma soprattutto componimenti nuovi che, a paragone dei vecchi, appaiono più pretenziosi, più ambiziosi, più tesi alla letteratura, meno spontanei. E anche i metri cambiano. I vecchi versi capaci di consentire libertà sono sostituiti da nuovi metri più rigidi. Mentre il repertorio antico è sostanzialmente europeo, quello legato alla stampa (e condizionato dalla nuova scrittura politico-sociale) diventa nazionale e addirittura regionale ».

 

La contenuta estensione territoriale interessata dalle pluriennali ricerche di Dante Priore (il Valdarno superiore), rapportata alla ricca documentaria reperita, non fa che ribadire le fortune della "stampa" popolare, peraltro ulteriormente favorite in progress dai processi di alfabetizzazione di massa caratterizzanti in particolare gli inizi del Novecento.

 

Il più che soddisfacente risultato di questo monumentale lavoro attesta in maniera ulteriore la solidità delle competenze di Priore che, da decenni, si colloca autorevolmente tra i principali studiosi e ricercatori del canto popolare toscano. L'indiscusso impianto metodologico su cui si fonda anche la sua presente "fatica" si pone peraltro a modello per analoghi progetti da intraprendere in altri territori, anche se l'irreversibile declino della cultura tradizionale può aumentare in modo rimarchevole le difficoltà di una ricerca da affrontare ex novo.

 

Le stesse modalità con cui l'Autore ha articolato la pubblicazione dei componimenti bene fanno comprendere la molteplicità dei filoni presenti nel repertorio dei cantastorie. Già una mostra realizzata quasi mezzo secolo fa, focalizzante gli echi della cronaca (nera e non) del dopoguerra nelle canzoni di questi autori popolari, mise in evidenza alcuni tra i temi analizzati da Priore. I curatori di quella precedente iniziativa considerarono, infatti, queste peculiarità tematiche:

 

«Grandi eventi da tutto il mondo

La dolorosa storia del prigioniero

I grandi delitti del dopoguerra

La madre crudele

Le tragedie nazionali

Santi, madonne e miracoli

Le tragedie della follia

Le tragedie dell'onore».

 

A puro titolo esemplificativo, ritengo utile citare ancora un autorevole contributo di Roberto Leydi, incentrato su un commento al testo (un cantastorie di allora lo avrebbe definito storia, Leydi usa invece il termine dramma) dei due innamorati suicidi, Giulio e Maria (incipit: Di San Carlo vi canto la scena), presente anche nella Raccolta Priore:

 

«È giusto notare [...] come nei componimenti dei cantastorie raramente sussistano, nelle parole e nelle immagini, le censure proprie dell'espressività borghese. Per ovvie ragioni non sono frequenti le immagini davvero audaci e soltanto in qualche componimento compaiono parole sconce (il cristianesimo pesa in modo determinante in tutto il nostro occidente con il moralismo esteriore sempre più rigoroso degli ultimi secoli), ma ancora grande è la libertà degli autori dei "drammi". Amante è tuttora sinonimo di fidanzato e i fatti dell'amore, i desideri, le passioni e gli appagamenti, sono quasi sempre espressi con semplice naturalezza, in un lucido riflesso di fatalità e di naturalità.

Assai toccante (e di preciso valore esemplare) è il "dramma" dei Fidanzali fedeli».

 

Chi, come lo scrivente, ha avuto l'opportunità di seguire da vicino gran parte degli ultimi cantastorie della tradizione settentrionale e centrale, ricava da queste testimonianze interessanti riscontri e ulteriori utili conoscenze, provenienti dal privilegiato bagaglio culturale di coloro che ne costituirono l'uditorio, nei luoghi tradizionalmente deputati.

 

 

Gian Paolo Borghi

 

(Centro Etnografico del Comune di Ferrara)