UNA SERATA AL CIRCO

 

di Carlo CASTELLANETA

 

 

 

 

Avete visto qualche volta degli acrobati che camminano su una fune, fanno i salti mortali, passeggiano sulle mani e fanno altri esercizi del genere? Ne capitò una compagnia nel prato che sta dirimpetto alla mia casa.

 

Li vidi una mattina piantare le tende, anzi la tenda, perchè era una grande cupola di tela grigia, sostenuta da un palo conficcato nel terreno. Tutto attorno sistemarono un recinto, fatto di assicelle dipinte di azzurro, e interrotto da un panno di velluto rosso che faceva da ingresso alla platea.

 

Dalla mia finestra vedevo ogni sera bambini, mamme, militari in divisa e ragazze far la coda al botteghino di legno della cassa per prendere il biglietto. Cominciato lo spettacolo, sentivo suonare la banda che accompagnava gli esercizi, udivo i colpi del tamburo e dei piatti, e poi le risate e i battimani della gente.

 

Una volta, nel tornare a casa, vidi un ragazzo alto come me, seduto davanti all'entrata.

- Lavori nel circo? - gli chiesi.

Rispose che faceva l'equilibrista per ridere, cioè che era un pagliaccio, e che desiderava che una sera andassi a vederlo lavorare.

- Ma non vai a scuola?

- A scuola ci sono andato - mi spiegò. - Ormai sono grande, sai.

Così mi accorsi che era un nano, un uomo rimasto piccolo, con le gambe di un bambino, e si guadagnava da vivere facendo il buffone nei circhi.

 

Una sera, tanto sospirata, mio padre mi portò a vedere lo spettacolo. La pista era rotonda, coperta di segatura, e noi stavamo seduti proprio vicino all'orchestra. A un tratto comparvero due acrobati, salirono una scaletta di corda e cominciarono voli e tuffi da un trapezio all'altro.

lo li guardavo trattenendo il fiato, mentre la banda accompagnava ogni esercizio, e un riflettore illuminava gli acrobati dal basso. Vedevo le loro ombre nere dondolarsi sul trapezio prima del salto, poi d'improvviso si lanciavano nel vuoto.

 

Dopo il numero dei saltimbanchi, stavo ancora battendo le mani, ecco il mio nano, la faccia tutta infarinata e un cilindro in testa.

Pure lui si arrampica sulla scaletta, di tanto in tanto finge di sdrucciolare e sgambetta facendo ridere tutti.

Finalmente arriva in cima, e, piccino com'è, quasi quasi pare invisibile.

- Che cosa fai lassù? - gridano i colleghi dal basso. - Non son più capace di scendere! - risponde il nano. E la platea ride a crepapelle.

- Buttati giù, fifone! - gli gridano.

- Ho paura...

- Ti prendiamo noi! - e allargano le braccia.

E lui: - Allora mi tuffo?

- Buttati! - dicono, ma il nano non si decide. Guarda il vuoto sotto di sè e trema dallo spavento.

Finì che uno degli acrobati dovette salire a prenderlo, se lo caricò sulle spalle e lungo una fune scivolò con lui a terra.

Un coro di fischi salutò il nano, molti sghignazzavano, e lui scappò via facendo le boccacce.

 

Di questo dunque era fatto il circo: luci, musica, colori, e anche di un povero nano che per guadagnarsi la vita ogni sera doveva vincere la paura!