IL TREPPO
di Lorenzo DE ANTIQUIS
( da “ Il Cantastorie – Rivista di tradizioni popolari ” – Giugno 1980 )
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Che cosa è il treppo? Il treppo per un cantastorie che va a fare il cantastorie in un mercato o in una piazza dove non è sovvenzionato, dove non c'è l'appoggio finanziario che si trova oggi tramite una festa popolare, vuoi dell'Unità vuoi dell'Amicizia, o un'organizzazione Pro Loco che lo può mettere in un suo programma, la cosa più necessaria è quella di riuscire a fare il treppo, perché se non fa il treppo come fa a vendere?
Fare il treppo è la cosa principale, specie per un cantastorie come ero io, o qualche altro che amava fare il cantastorie isolato, da solo, ispirandosi a quel grande cantastorie che è stato Callegari Agostino, o al suo imitatore Pietro Tenti (Tenti molto più bravo a suonare la fisarmonica … era proprio un bravo fisarmonicista, quando era in Francia dove non occorreva fare il cantastorie). Noi, io e altri, non avevamo la voce di Callegari Agostino e quindi quella voce lì, a fare il cantastorie da soli si aveva bisogno di una grande capacità strumentale come aveva qualcun altro come per esempio, Gigi Stock di Parma, che è figlio di un nostro collega che faceva il cantastorie e per alcuni anni ha seguito il babbo nei mercati del Parmense; è chiaro che quando arrivava Gigi Stock in una piazza con la fisarmonica, anche se non c'era la voce, quando veniva fuori la « Migliavacca» e tutti gli altri pezzi che fanno solamente i grandi suonatori, i grandi concertisti, la gente accorreva.
Mi ricordo che un disgraziato che non aveva la voce (io), una fisarmonica dalla quale non veniva fuori che motivetti per cantare le storie, non veniva la « Migliavacca », si poteva farla storpiata, ma allora non valeva: come dovevo fare a fare il treppo? Un mio collega è arrivato addirittura a diventare anche fachiro, ingoiava la stoppa faceva venire fuori il fuoco, evidentemente perché non riusciva a suonare, allora col fuoco la gente accorreva. Un altro mio collega aveva tre carte, delle volte quando non riusciva a fare il treppo, tirava fuori le tre carte, faceva finta di fare un gioco di prestigio e riusciva ad attirare la gente. Quindi fare il treppo era la cosa più necessaria, allora una comitiva di tre quattro che suonava chi uno strumento chi un altro, invece di una voce tre o quattro voci, accentrava subito la gente, il treppo era fatto.
Allora si entrava in azione. Dopo aver fatto il treppo, bisognava anche vedere il modo di prender su dei soldi. C'era qualcuno che portava dei bambini, gli faceva fare una cantatina, fatta come era fatta, e chiedevano i soldi e glieli gettavano anche così, ma noi cantastorie del tempo degli Anni Venti-Trenta che volevamo dare valore ai cantastorie, io principalmente, dicevo che il cantastorie doveva solo vendere senza chiedere aiuti e per vendere ci voleva il treppo e allora riuscivo delle volte a farlo, suonando poco ma parlando.
Ecco la dote che io potevo esercitare più delle altre: era quella di parlare. Allora bisognava trovare un argomento, che andavo a sviluppare e poi a concludere per vendere il foglietto, per fargli portare a casa il foglio che poi la gente se lo rileggeva e per loro rappresentava il giornale, la radio, la televisione, tutto quello che c'è oggi. Dopo un po' la gente cominciava a diventare numerosa, allora certe canzoni umoristiche, qualche canzone un po' spinta come la «Rosa in bicicletta» che ai miei tempi è servita molto: cantandola adesso non dice niente di grosso, ma allora, dicendo che una ragazza andava in bicicletta era già qualche cosa di audace e dire addirittura che correva addirittura in bicicletta, che sfidava dei giovanotti in bicicletta, si passava i limiti: «Era una bella giovane graziosa, alta e formosa e si chiamava Rosa! Quasi ogni giorno la bicicletta usava, specie quando al mercato lei andava e la sua mamma diceva: Rosa stai bene attenta a quella cosa che spesso adoperi ma la bicicletta. Ma rispondeva in tutta fretta: Cara mammina lasciami stare io, del manubrio vo' diventare un gran campione una specialista sia a gare in linea, sia pure in pista. E lei correva a gran velocità, maneggiava il manubrio con vera abilità! ». Ora un argomento di questo genere era talmente, diciamo così, provocatorio, era così spinto che i giovanotti, magari le ragazze no, ma loro venivano a sentire. E c'era, appunto questa necessità di fare il treppo: un cantastorie senza treppo è un cantastorie finito.
Diciamo cosa è stato uno dei primi regolamenti fatti dall'Associazione Italiana Cantastorie: lo statuto di allora diceva che quando due o tre cantastorie si trovano nella stessa piazza, devono lavorare assieme per aiutare il più debole, perché succedeva che quello che era più debole restava senza treppo, quindi restava disoccupato.
LORENZO DE ANTIQUIS ESEMPLIFICA IL MODO DI COSTRUZIONE DELLE FRASI PER LA VENDITA DI OGGETTISTICA “SACRA”
La parola treppo era conosciuta anche da altri ambulanti, come i ciarlatani, i battitori, gli imbonitori, quelli che vendevano il grasso di marmotta, quello che vendeva lo smacchiatore, quando radunava la maraia, aveva fatto il treppo. Voglio anche ricordare che Sigfrido Mantovani, il nostro suonatore di violino, veniva chiamato dagli altri ambulanti «sballatreppo", che voleva dire rompi treppo, cioè che la sua apertura era micidiale con il suo strano strumento che chiamava «radio trasportabile», perché la gente quando si tratta di vedere o di ascoltare qualche cosa che non conosce accorre sempre.
Noi cantastorie che eravamo in piazza tutti i giorni ormai non eravamo più un oggetto di curiosità, quando si arrivava, l'unica curiosità era quella se io, nella mia zona, nella Romagna o nelle Marche (dove io con l'andare degli anni avevo acquistato una certa importanza) avevo qualche storia nuova e la gente che ormai lo sapeva, diceva: « Andiamo a sentire, chissà cosa racconta oggi ». E allora questo mi attirava la gente. Ma se io invece di andare nelle Marche, nell'Umbria, nella Romagna, nelle zone dove ero conosciuto, uscivo, andavo a Reggia o Modena, non riuscivo a fare il treppo molte volte, perché li conoscevano Piazza Marino, la Dina Boldrini, e poi bisogna anche riconoscere che loro con comitive anche di tre o quattro senz'altro sviluppavano un lavoro molto più potente.
Chi faceva il cantastorie isolato, chi non aveva quella potenza che poteva avere Sigfrido con il forcone o Callegari Agostino con la voce, per gli altri, era vita un po' difficile, però andando nelle zone dove c'era una certa conoscenza, permetteva di stabilire un treppo se non gigantesco, sufficientemente valevole per lavorare quelle due o tre ore per potere dar via tante storie delle varie qualità; allora si portavano otto o dieci qualità, c'erano tre o quattro qualità di fatti, due o tre qualità di canzoni umoristiche, poi c'era il foglio gigante dove c'erano le canzoni d'autore, quindi questa rotazione si prepara presto, nel giro di un'ora e mezza, due ore nel raccontare il fatto, poi c'era la vendita, ma tutto questo se non pioveva, cioè la pioggia intesa non proprio quella atmosferica, ma la pioggia degli altri che arrivavano a bastonarci come è successo a Senigallia.
Ogni canlastorie ha il suo modo di fare il treppo. lo, per esempio, sapendo scrivere diverse cose in versi avevo un vantaggio, di andare in un posto e raccontare quello che era successo. Invece Callegari Agostino metteva la fisarmonica in terra nel posto tradizionle dove andava. Castel San Giovanni, provincia di Piacenza, era un tempio di Callegari Agostino: «El Gusto, el Gusto di Pavia ! ". Lui arrivava là a orario di mercato o prima, metteva la fisarmonica in piazza e la valigia, quando andava in piazza aveva la gente già pronta attorno.
In Sicilia hanno tutti l'automobile: ho visto che là hanno la giardinetta con una specie di palchetto sulla tettoia, quindi con una sedia vanno su e fa palcoscenico la macchina, in più c'è il cartellone con un'asta, in alto, che si vede bene. In Sicilia fanno anche dei giri a «piazza morta», un termine che vuol dire andare in un posto dove non c'è mai stata fiera, fanno un giro del paese come faceva una volta il battitore, e se c'è ancora il battitore gli danno l'incarico di girare il paese e lo caricano sulla macchina e fanno un giro prima dello spettacolo, e poi vendono le musicassette, vendono i libretti, i dischi e guadagnano, perché innanzitutto, non c'è un cantastorie siciliano, almeno di quelli che ho sentito io, che non abbia la voce. Perché? Perché là facendo il cantastorie accompagnandosi solo con la chitarra, se non c'è voce non c'è niente.
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